Come era prevedibile i cataclismi climatici tanto annunciati da un in esagerato allarmismo non si sono abbattuti su Roma, trasformandosi in un paio di settimane di freddo intenso ma normale per il periodo. I rigori invernali si sono invece concentrati con forza inaudita investendo i confini del Lazio e larga parte dell’Abruzzo, seminando morte e disperazione anche in quei luoghi già martoriati dai terremoti, che nel frattempo si susseguono quasi con accanimento. In questo contesto l’assurdità umana si è manifestata come non era immaginabile. Nessuno riesce a spiegarsi il paradosso per cui in un territorio come quello della capitale si esagera in allarmismo sfiorando il ridicolo, mentre in zone più impervie dove l’inverno è normalmente più rigido, si ignorino gli allarmi sul maltempo al punto di farsi cogliere impreparati come un paese socialmente arretrato. La tragedia dell’albergo di Rigopiano rappresenta in se tutta l’inefficienza, il malcostume, le logiche affaristiche e antisociali che governano ormai questo paese in ogni ambito. Si è sbattuta in faccia la porta della vita a tutti quelli che accoratamente chiedevano aiuto. L’atteggiamento pressappochista di diverse figure davanti alle richieste di soccorso è stato sconcertante. Mentre il presidente della Repubblica era in visita ai profughi in Grecia, il Presidente del Consiglio era dalla Merkel per i soliti inutili meeting che nulla spostano nell’economia dell’uomo comune. Intanto nel territorio di Farindola si stava consumando il dramma. Qualsiasi stato davanti all’eventualità di una tragedia che purtroppo si è poi verificata, avrebbe dato un segno di coesione annullando gli impegni delle sue figure più rappresentative. Invece mentre l’apparato di stato si prendeva un tempo che non c’era per verificare le veridicità delle richieste d’aiuto, a Roma nelle stanze di palazzo si lavorava alacremente al decreto salva banche per trovare venti milioni di euro da donare al Monte dei Paschi di Siena. Venti milioni, i soldi dei cittadini, quelli che hanno sempre pagato le tasse compresi quelli abbandonati all’addiaccio a morire di freddo, con la falsa promessa pre-referendaria di una casetta in legno dove trovare il minimo conforto in una vita improvvisamente stravolta. Promessa che in concreto si è materializzata con una manciata di unità abitative da tirare a sorte, come i naufraghi del Titanic  per avere un posto sulla scialuppa si salvataggio. lo stato nell’immediato ha preferito investire per salvaguardare l’impunità dei creditori dell’Istituto bancario, immobiliaristi, grandi imprenditori della cantieristica navale, società calcistiche e chi più ne ha ne metta.  Tornando a Rigopiano, se il bilancio delle vittime non è stato ancora più grave lo si deve all’eroismo degli uomini dei soccorsi. Degli uomini e non della macchina organizzativa, quella ha fallito clamorosamente. La protezione civile dell’era Bertolaso è solo un lontano ricordo. Quella che per anni ha fatto da modello a tutti gli altri paesi guidando le emergenze planetarie più gravi, dallo tsunami al terremoto di Haiti purtroppo non esiste più, rottamata senza pietà nell’opera di bonifica politica operata nel post Berlusconi. Un’organizzazione che faceva della prevenzione la sua prima risorsa e che non avrebbe mai lasciato l’Abruzzo sprovvisto delle necessarie turbine anti neve, fondamentali per pulire le strade evitando di lasciare interi paesi isolati e al buio per giorni, con il termometro ben al di sotto dello zero. Di quella struttura rimangono fortunatamente gli “Uomini”, che nella notte scavandosi una strada tra muri di neve hanno avanzato per chilometri nella bufera. Portando allo strenuo le proprie risorse fisiche sono riusciti ad avviare le operazioni di soccorso. Eroi dalle sembianze di persone comuni che insieme a tutti quelli con una coscienza civile, consentono ancora a questo paese di rimanere a galla e di avere una morale. Ma il dolore più grande è quello che viene dopo. Spenti i riflettori delle dirette tv e misurata l’audience, il silenzio cala assordante. Del perché quell’albergo era costruito li a rischio valanga, del perché i soccorsi non sono partiti in tempo non sapremo mai nulla. Chi sono i responsabili di queste morti innocenti rimarrà per sempre un mistero. Certo ci sarà un’inchiesta, ma come sempre non porterà a nulla, al massimo si troverà un poveraccio da utilizzare come capro espiatorio. Magari lo sventurato radioamatore volontario, di turno quella sera in sala operativa e senza amici tra le persone che contano, un vaso di coccio tra i vasi di ferro.  Ad anestetizzare le Italiche coscienze dopo il dramma, in arrivo due appuntamenti provvidenziali. Il primo è l’Isola dei Famosi ormai un classico della tv demenziale, che di anno in anno assembla il suo cast pescando tra personaggi sempre più discutibili. Quest’anno volevano scritturare addirittura Vanna Marchi insieme alla figlia, il duo di tele imbonitrici che con le loro dubbie attività, hanno rovinato in passato l’economia di tante famiglie. Proporle nel programma sarebbe stata la fotografia perfetta della morale italiana che in nome del business, qui tramutato in share televisivo, non guarda in faccia a nessuno. Meno male che alla fine ha prevalso il senso della decenza, evitando queste presenze inopportune anche per una programma inopportuno di suo. Forse c’è ancora speranza. L’altro immancabile evento televisivo capace di catalizzare le attenzioni degli italiani è un classico. Il Festival di Sanremo giunto alla sua 67ma edizione, con Carlo Conti nei panni del bravo presentatore che introdurrà artisti sempre più imposti dal mercato dei discografici, nella maggior parte dei casi destinati a sparire nel nulla dopo il passaggio sul palco del Teatro Ariston. Di contorno tanta retorica ed ospiti ad effetto. Ad affiancarlo nella conduzione  Maria De Filippi più una serie di comparse, scelte con il criterio che governa un po’ tutta l’Italia. Infatti Anouchka Delon, figlia del celebre Alain, Annabelle Belmondo, nipote di Jean-Paul, Sistine Rose Stallone, figlia di Sylvester, e Dominik Garcia, primogenita di Andy Garcia faranno in qualche modo il loro passaggio sul palco. La loro presenza lungi dall’essere legata a meriti artistici, è legata esclusivamente al cognome. Una sorta di celebrazione del sistema dei “figli di…” nel quale il requisito imprescindibile per l’affermazione professionale, sembra essere quello di avere genitori illustri o essere dotati di buone entrature. Il Festival occuperà il palinsesto per cinque lunghe serate. Una gioia per gli appassionati un trauma per tutti gli altri, molti dei quali costretti alla visione passiva da mogli e fidanzate. Però si può sempre evadere dalle mura Domestiche e optare per qualche valida alternativa come una serata a teatro. Ad esempio per “Così è (se vi pare)”, un classico Pirandelliano interpretato da  Felice Della Corte, Laura Lattuada, Pietro De Silva, Riccardo Barbera per la regia di Claudio Boccaccini, in scena al Teatro Nino Manfredi fino al 12 febbraio. Per chi preferisce le ore diurne, la curiosa “Zanne, corazze e veleni” in mostra al museo civico di zoologia fino al 26 del mese. La lotta per la sopravvivenza di insetti, ragni, anfibi e rettili. Gli ambienti naturali impongono continue sfide agli animali che li abitano: procurarsi da mangiare, evitare i predatori, trovare un partner e dare vita ad una discendenza. Argomenti che in tempi moderni sono forse più vicini al nostro quotidiano più di quanto possiamo immaginare.