L´alta finanza fa già i conti con questa eventualità e l´uscita dell'Italia dall'euro inizia a configurarsi come ipotesi concreta.

Per alta finanza intendiamo quel cartello di banche di tutto il mondo che pretende di regolare il nuovo ordinamento economico planetario. Lo stesso cartello che ha manipolato il calcolo del Libor (acronimo di "London Interbank Offered Rate"), un tasso di riferimento dei mercati finanziari internazionali.

Ma non è di questo scandalo che intendiamo parlare; esso infatti merita una trattazione separata per la complessità e la gravità dell´argomento, reso ancor più eclatante dal fatto che sembrerebbe coinvolgere anche le autorità che dovrebbero, invece, tutelarci dai “colpi bassi” del malgoverno finanziario internazionale (da un recente rapporto Reuters, infatti, la bella trovata del cartello, oltre che nota a Wall Street, lo era anche tra i funzionari della Federal Reserve e della Bank of England).

Nostro oggetto di trattazione, in questa sede, è, invece, la via d´uscita dell´Italia dall´euro. Questa possibilità non è più soltanto la bandiera dei partiti antieuropeisti, dei populismi istintivi e irrazionali, né l´opinione di insigni economisti, ma, oramai, anche oggetto di attenzione dell´alta finanza.

È utile, a tal uopo, ricordare, tra tanti economisti, scienziati ed esperti, lo statunitense Joseph Stiglitz, premio Nobel per l'economia, che non solo ha chiaramente evidenziato le difficoltà economiche del nostro Paese, ma ha altresì sollevato seri dubbi sulla futura permanenza dello stesso nell'eurozona. "Agli Italiani diventa chiaro che l'Italia nell'euro non funziona", ha infatti avvertito Stiglitz, senza poi tralasciare di porre l´accento sulla criticità politica, prodromica dell´incapacità di portare avanti le riforme necessarie al funzionamento dell'unione monetaria.

In sostanza, se prima l´uscita dell´Italia dall´eurozona era solo oggetto di valutazione da parte di teorici dell´economia e di gruppi politici nazionalistici, adesso diventa opzione anche da parte delle istituzioni bancarie di casa nostra. E se le nostre grandi banche mettono allo studio strategie internazionali, per accertare se all'Italia possa convenire o meno l'uscita dall'euro, nonché se essa sia finanziariamente attuabile, possiamo dire che il discorso diventa serio.

Mediobanca dimostra, con i dovuti calcoli, che l'uscita del Paese dall'area euro porterebbe ad un risparmio complessivo di 8 miliardi di euro. Lo studio di Mediobanca è molto fiscale e si limita ad elencare i costi ed i vantaggi del ritorno alla lira, dando per certo, però, il fatto che più il tempo passa e più costerà abbandonare la moneta unica. Inoltre, fa notare come, al contrario che in Germania e in Francia, il nostro Pil non sia cresciuto dal 2000 ad oggi e che, dallo scoppio della crisi iniziata nel 2008, sia addirittura sceso del 7%. Il tutto a sfavore del consumatore, del reddito del nucleo familiare e, non ultimo, dell'intero sistema bancario.

Senza il PIL (crescita) e con i tassi d´interesse in ascesa non solo ci impoveriamo, ma non riusciamo a pagare il debito e una ri-profilazione dello stesso significherebbe mescolare le regole dei titoli di Stato, un pericoloso campo minato, assolutamente da evitare.

Mario Draghi, pur ricordando che, in caso di Italexit, l´Italia sarebbe tenuta ad esborsare 357 miliardi per i pagamenti transfrontalieri nell'Unione europea, ammete, però, (contraddicendo se stesso, forse anche “scottato” dall´esito della Brexit, cui nessuno credeva, ma che poi, si è verificata) che la strada dell´euro non è una via senza ritorno e che è bene cominciare a considerare l´uscita dal sistema, per non rimanere sbilanciati dagli eventi.

Lo stesso Clemens Fuest, presidente del centro studi bavarese Ifo, istituto tedesco di ricerca economica, opina: «Se risulta che l'euro è un ostacolo alla crescita in Italia, sembra preferibile che il Paese lasci l'euro», ovvero l´area valutaria ottimale.

Il concetto di area valutaria ottimale fu inizialmente proposto dal premio nobel Robert Mundell nel 1961. Essa è costituita da un gruppo di Paesi per i quali, vista la stretta integrazione per quel che riguarda gli scambi internazionali e la facilità nel movimento dei fattori produttivi, conviene creare un'area di cambi fissi o un'unione monetaria.

Un'area valutaria (o monetaria) è ottimale, se gli shock asimmetrici nelle variabili esogene dei paesi coinvolti sono rari o assenti, oppure se prezzi e salari nei vari paesi sono molto flessibili, o anche se le economie dei Paesi interessati sono molto integrate, sia per quel che riguarda la presenza di forti aperture commerciali, sia per quel che riguarda la possibilità di spostamento dei fattori produttivi. In alternativa, un efficiente sistema di federalismo fiscale potrebbe consigliare un'integrazione monetaria.

Antonio Martino, già professore di Economia politica alla Luiss di Roma e oggi deputato di Forza Italia, in una recente intervista a “ilgiornale”, afferma: «Un'area monetaria è ottimale se c'è mobilità dei fattori della produzione che non può esserci tra Paesi con ordinamenti, lingue ed economie differenti. Quale mobilità può esserci tra la Baviera e la Sardegna? Si usa quel termine per l'euro perché il suo padrino è il Nobel Robert Mundell che studiava gli ambiti monetari ottimali e che non ho mai capito come potesse considerare tale l'Unione europea».

A questo punto, agire come se non fosse possibile fare macchina indietro aggrava seriamente la situazione, per cui è possibile e, a conti fatti, appare pure conveniente uscirsene dall´euro, anche se, ammettiamolo, non è cosa semplice e indolore dal punto di vista economico e sociale.

Gli economisti avvisano che il nostro debito rischia di andare fuori controllo per l´imminente aumento dei tassi (fino ad ora l'economia italiana è stata aiutata dai bassi tassi di interesse favoriti dalle politiche monetarie della BCE) e per la nostra inidoneità a crescere. Una via d´uscita sempre più accetta è convertire il debito in lire, cioè uscire dall’euro, ma possibilmente con un meccanismo “armonizzato”, ovvero, con una parte del debito pagata ancora in euro, per rispettare certi impegni da noi contrattualmente assunti. Ciò facendo, checché se ne dica, rimarremo ancora un Paese serio!

Concludendo, se da più parti tanto si discute, prepariamoci: la exit strategy è oramai realtà!

G.& G. Arnò

Ha collaborato: Rosalba Ieraci Bio