Come invecchia e cosa regala l’effetto del tempo ad un Chianti Classico orgoglio enologico nazionale che attraversa la storia
Il Chianti è parte stessa della cultura Italiana, se ne rintracciano notizie documentate a partire dal 1398. Già 300 anni fa Cosimo III de’ Medici definisce i confini geografici per la sua  zona di produzione attraverso un editto datato 1715. Tra i suoi fans, questo vino può vantare illustri personaggi storici del calibro di Michelangelo, Galilei e Machiavelli, le cui passioni enoiche erano le stesse degli odierni estimatori. All’interno della produzione più ampia del Chianti, la realtà del Chianti Classico è un consorzio che accomuna Firenze e Siena. E’ questa la zona più antica di produzione rappresentata oggi dal simbolo del Gallo Nero, ripreso dalla tradizione popolare tramandata fino ai giorni nostri.
Secondo la leggenda, le due città Toscane si servirono di due cavalieri per stabilire il territorio di proprietà. Partendo dal proprio abitato al canto del gallo, avrebbero segnato i confini territoriali stabilendoli nel loro punto d’incontro. I fiorentini scelsero un gallo nero e per aumentare il loro vantaggio lo sottoposero ad un lungo digiuno, finche la povera bestia stremata dalla fame iniziò a cantare con largo anticipo sulle prime luci dell’alba. Questo permise al rappresentante gigliato di anticipare la partenza rispetto all’antagonista senese, incontrandolo dopo aver attraversato un territorio più esteso a vantaggio di Firenze. Chi invece stabilì il disciplinare di produzione del Chianti Classico fu il Barone Ricasoli, uomo politico del regno D’Italia che nel Castello di Brolio fissò le regole per quello che sarebbe stato uno dei vini più famosi al mondo. 
Il Castello D’Albola nella zona di Radda in Chianti, è una delle aziende che attraversa la storia di questa denominazione. Di Albola si ha già traccia negli atti notarili che descrivono le proprietà di Carlo V datati 1010, mentre dei suoi  vigneti si ha notizia nei documenti del Granducato di Toscana datati 1841. Una storia che si intreccia con le vicende della famiglia Acciaiuoli prima e con quella dei Samminiati e dei Pazzi poi, passando tra diverse proprietà fino a confluire nel Gruppo Zonin intorno al 1980.
Negli ultimi trent’anni con il recupero del borgo e la sistemazione di tutto il territorio, la tenuta di Castello D’Albola ha raggiunto il massimo del suo splendore. L’ampliamento del vigneto raggiunge oggi i 150 ettari prevalentemente piantati a Sangiovese, che qui raggiunge anche i 580 metri di quota. A rappresentare l’azienda durante la degustazione il suo enologo Alessandro Gallo, che ha evidenziato come il fattore climatico possa influire nel carattere di questi vini. In particolare l’altezza del vigneto restituisce vini che non trovano nel corpo pieno, nella struttura e nella concentrazione la loro caratteristica principale, ma  lascia esprimere alle uve prevalentemente caratteri di finezza ed eleganza, freschezza e grande bevibilità.
Su questa traccia la degustazione ha indagato otto annate, tra la 2012 e la 1999 in cui la progressione del tempo ha disegnato il suo percorso gusto olfattivo registrando i segni dell’evoluzione sul vino. Tratto comune a tutti i vini è stata l’uniformità del colore, la cui evoluzione verso i toni dell’invecchiamento non è apparsa così evidente e forse, segno che i vini possono ancora sviluppare molto in cantina. Dal punto di vista olfattivo le tipicità dei sentori del Sangiovese si è riproposta, andando a ritroso e alternandosi nelle annate, evidenziando ora la ciliegia e i frutti rossi più piccoli di bosco, ora la viola e il floreale fresco o essiccato. Pienamente rispondenti al palato con un tannino esuberante nella gioventù delle ultime annate, ma mai arrogante e che si è aggraziato nel suo arco temporale in cantina.
Tra quelle  presenti la 2007 è stata la prima a denunciare una sua personalità, ben definita dai fiori rossi   disidratati, le spezie e i ritorni su un frutto più maturo, insieme al tabacco e ai sentori del sottobosco. In bocca il tannino diventa più aggraziato rendendosi meno presente rispetto alle annate più giovani, il gusto è lungo e persistente e la freschezza  indica che il vino può evolvere ancora molti anni in cantina. 
Anche la 2004 ha evidenziato nettamente il suo carattere, ritornando sull’ingresso di frutto a bacca nera e mantenendo i toni del sottobosco, spezie dolci e accenni di liquerizia. Il tannino ritorna in presenza ma più raffinato
Infine l’annata 1999 dove il tempo ha inciso in maniera decisa regalando al vino una complessità in cui danzano diversi sentori, dalla liquerizia alle erbe medicinali, le spezie, sentori di legno secco e di bosco e insieme  liquerizia, caffè tostato, accenni balsamici e molto altro ancora. La lunga persistenza si spegne in un piacevole accenno amaricante aggiungendo eleganza al vino. Nel complesso una degustazione dal sapore antico, che richiama alla tradizione più autentica del vino Italiano di cui il Castello d’Albola è una testimonianza che attraversa la storia. 

http://www.albola.it/