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La Legge 104 compie 30 anni. Una norma straordinaria, ma che deve essere adeguata ai tempi

 

Durante un evento istituzionale, alla presenza di parlamentari italiani ed europei e un videomessaggio del Ministro per le Disabilità Sen. Erika Stefani, OMaR, Alleanza Malattie Rare e UILDM chiedono un tavolo di confronto con INPS e Ministeri competenti

 

 

Roma, 4 febbraio 2022 – Sono passati esattamente 30 anni dall’approvazione della legge n. 104 del 5 febbraio 1992, più comunemente nota come Legge 104, la norma che regola l’assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone con disabilità. Una legge-quadro nata per garantire il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona con disabilità e la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società. Principi ricordati e ribaditi anche nel corso di un evento online organizzato oggi da Osservatorio Malattie Rare in collaborazione con l’Alleanza Malattie Rare e UILDM-Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, con il patrocinio dell’Intergruppo Parlamentare Malattie Rare e la partecipazione attraverso un videomessaggio della Sen. Erika Stefani, Ministro per le Disabilità – che ha permesso un’ampia riflessione sul rapporto tra malattie rare e disabilità dalla quale sono emerse le troppe difficoltà a carico dei pazienti e delle famiglie. Riflessione esitata nella richiesta, da parte degli enti promotori del convegno, di un tavolo tecnico di confronto tra rappresentanza della società civica, associazioni di pazienti, INPS e Ministeri competenti, per migliorare alcuni aspetti attualmente regolati da una Legge straordinaria, ma per troppi versi non più attuale.

 

“Dopo trenta anni dall’approvazione di questa eccezionale legge, che ha saputo rispondere ai bisogni di milioni di persone, è necessario rilanciare un dialogo che parta dai diritti delle persone con disabilità, assumendo come punto di riferimento la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Quindici anni fa l’Italia ha sottoscritto il protocollo attuativo dell’ONU, era il 30 marzo 2007, ma sono molte le cose che da allora sono rimaste in sospeso e il recente Decreto-legge elaborato dal Ministero della Disabilità, pur partendo dai diritti delle persone con disabilità, ha un carattere ancora troppo generale e va tradotto in decreti attuativi concreti e puntuali. L'inserimento dei più giovani nella scuola e l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro sono ancora largamente inadeguati. I servizi che vengono offerti sono frammentari e alla figura del caregiver non viene offerta nessuna garanzia, né sul piano personale, né su quello professionale”. Lo ha affermato la Sen. Paola Binetti, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare per le Malattie Rare in apertura del webinar.

 

“Secondo la Convenzione ONU non devono esserci differenze tra persone con e senza disabilità. Per questo motivo è necessario rimuovere le barriere che possono ostacolare la partecipazione piena ed effettiva alla società – ha ricordato Laura Baldassarre, Segretaria Generale Comitato Interministeriale per i Diritti Umani CIDU, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – Ogni Stato è tenuto a presentare un rapporto dettagliato sulle misure prese per adempiere ai propri obblighi e sui progressi conseguiti al riguardo. In Italia è stato istituito l'Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità che ha la funzione di promuovere l'attuazione della Convenzione ed elaborare il suddetto rapporto insieme al Comitato Interministeriale dei Diritti Umani (CIDU), ma c’è ancora molto da fare”.

 

Purtroppo infatti siamo ben lontani dal raggiungimento degli obiettivi, specie quando si tratta di malattie rare. Troppo spesso la 104, così come l’invalidità civile, non viene riconosciuta a causa di una patologia poco nota, con conseguenze devastanti che si traducono nel mancato riconoscimento delle necessità socio-assistenziali ed economiche delle persone con patologie dagli esiti fortemente invalidanti – hanno sottolineato Ilaria Vacca e Roberta Venturi, Responsabili Sportello Legale “Dalla parte dei rari” - Osservatorio Malattie Rare – Si tratta di una legge straordinaria, che ha dato vita allo Screening neonatale obbligatorio in Italia, che ha sancito il diritto allo studio delle persone con disabilità. Una legge che però è superata per troppi aspetti, primo tra tutti quello linguistico, alla quale non può essere affidata per intero la tutela delle persone e delle famiglie in situazione di estrema fragilità. Per questo chiediamo, insieme a UILDM e all’Alleanza Malattie Rare, che sia istituito un tavolo di confronto tra il mondo civico, i pazienti e gli enti competenti, per attuare soluzioni pratiche che rispondano alle necessità di tutela delle persone con malattie rare e delle loro famiglie”.

 

“La nostra esperienza di associazionismo può contribuire all’apertura su un nuovo scenario normativo o quantomeno permettere agli enti competenti di capire perché l’attuale legislazione di fatto esclude troppe malattie rare dalle tutele previste sul fronte assistenziale e lavorativo – ha dichiarato Leonardo Radicchi, Presidente A.I.P.I OdV Associazione Ipertensione Polmonare Italiana, intervenuto in rappresentanza dell’Alleanza Malattie Rare, che oggi conta la partecipazione di oltre 200 associazioni di malati rari – Pertanto come Alleanza ci auguriamo di poter diventare presto diretto interlocutore dell’INPS e degli enti competenti”.

 

È chiaro dunque come il confronto con il mondo civico e le associazioni non può che migliorare le cose. Sono infatti le associazioni che per lunghi anni hanno compensato alle lacune esistenti. Un esempio: dal 2018 al 2020 il progetto “PLUS: per un lavoro utile e sociale”, promosso da UILDM insieme ad altre associazioni, ha dato la possibilità a 80 partecipanti – donne e uomini con disabilità dai 18 ai 40 anni – di fare un’esperienza di formazione e pratica a livello lavorativo. “Un’idea nata per mettere in evidenza le competenze personali e professionali di ciascuna persona finalizzata proprio all’inserimento di questa nel mondo del lavoro, dunque imprese, cooperative ed enti pubblici dislocati sul territorio nazionale, attraverso un servizio di orientamento, formazione e job coaching – ha detto Marco Rasconi, Presidente UILDM-Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare – Uno strumento per creare un bagaglio di competenze utili e spendibili nel futuro. Siamo a piena e completa disposizione delle istituzioni, sappiamo che il nostro contributo può migliorare fattivamente le cose e non vediamo l’ora di offrirlo”.

 

 

A questo link è possibile scaricare la recente Memoria di OMaR in tema di disabilità (Audizioni nell’ambito del Disegno di legge recante Delega al Governo in materia di disabilità (A.C. 3347) - Osservatorio Malattie Rare – O.Ma.R. - 16 novembre 2021).

 

 

 

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Tumori rari, l’istituzionalizzazione della Rete Nazionale è ancora un “miraggio”. In Italia l’unica esperienza di Rete a cui è possibile affidarsi è quella tecnico-professionale

 

Restano le difficoltà per i pazienti di ricevere diagnosi corrette o in tempi rapidi, di raggiungere i centri competenti e di accedere alle terapie. Risultati positivi, invece, dagli sviluppi recenti di test di Next-Generation Sequencing

 

 

Roma, 28 gennaio 2022 – È trascorso più di un anno dalla presentazione del Quaderno “Tumori Rari: quale futuro per la Rete”, frutto del lavoro congiunto di clinici, società scientifiche, associazioni di pazienti e principali stakeholder del settore, coordinato dall’Osservatorio Malattie Rare, ma ad oggi, nonostante l’impegno assunto dal Ministero della Salute, con l’approvazione di ordini del giorno e mozioni, la Rete Nazionale Tumori Rari (RNTR) non è ancora stata istituzionalizzata. “Ad oggi, l’esperienza di rete sul territorio nazionale è unicamente quella tecnico-professionale costituita da esperti sanitari operanti nel settore dei tumori rari, che condividono casi clinici di pazienti con tumore raro”, ha affermato Paolo G. Casali, Fondazione I.R.C.C.S. Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, in apertura dell’evento istituzionale online organizzato da OMaR – grazie al contributo non condizionante di BeiGene, Bristol-Myers Squibb e Incyte – per fare il punto sul tema della Rete Nazionale Tumori Rari e discutere dei passi fino ad ora compiuti e delle azioni necessarie per il settore.

 

Con l’articolo 2 della Intesa Stato-Regioni del 21 settembre 2017 e con il successivo decreto del Ministro della Salute del 1° febbraio 2018, è stato istituito presso l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (appunto, AGENAS) il “Coordinamento funzionale della Rete Nazionale di Tumori Rari” con l’obiettivo di garantire il funzionamento della Rete e di favorirne lo sviluppo, anche attraverso la partecipazione delle associazioni di pazienti e delle società scientifiche di riferimento. Il Coordinamento ha condotto, nel corso del 2019, una rilevazione nazionale volta ad acquisire elementi descrittivi sull’assetto organizzativo di ciascuna rete regionale per tumori rari, definire i PDTA e identificare i Centri User e Provider delle diverse Regioni e Province autonome, per tre famiglie di tumori rari (tumori rari solidi dell’adulto, tumori ematologici e tumori pediatrici). Successivamente a ciò, però, non sono stati raggiunti gli ulteriori obiettivi prefissati e di fatto l’avvio veloce della Rete Nazionale Tumori Rari e il relativo finanziamento non sono avvenuti. “Proprio come sottolineato già nel 2020, noi pensiamo che si potrebbe partire rapidamente con la nuova Rete ‘istituzionale’, facendo inizialmente affidamento sui Centri che sono già stati formalmente riconosciuti come membri delle 3 European Reference Network (ERN) oncologiche, che, per l'Intesa Stato-Regioni del 2017, sono di diritto membri anche della stessa Rete Nazionale Tumori Rari”, ha aggiunto Casali.

 

“Se per le malattie rare l’Italia ha strutturato reti di presa in carico, con un sistema di registri ad hoc e diverse normative con le modalità organizzative di settore, per quanto riguarda il ramo dell’oncologia che si occupa di Tumori rari, il lavoro da fare è ancora molto – ha detto la Sen. Paola Binetti, Presidente Intergruppo Parlamentare per le Malattie Rare-XII Commissione Senato della Repubblica, ‘Igiene e Sanità’ – Occorre immaginare che la rete dei tumori rari abbia punti di contatto con la rete nazionale tumori e con la rete delle malattie rare, perché per ragioni diverse condivide con l'una e con l'altra alcuni aspetti essenziali: la natura tumorale del problema e la rarità; il che può creare sinergie con l'una o con l'altra rete, senza però potersi mai assimilare del tutto all'una e all'altra. È necessario, creare una specifica Rete, riconosciuta a livello nazionale ed internazionale, capillare, diffusa su tutto il territorio, facilmente accessibile a tutti i pazienti, e poiché spesso si tratta di bambini, capace di dialogare adeguatamente con le loro famiglie. Sia i genitori dei bambini che gli stessi pazienti spesso si trovano davanti una presa in carico difforme tra le varie regioni e troppo spesso con una scarsa conoscenza del sistema”.

 

In Europa si definiscono “rari” i tumori con una incidenza pari o inferiore a 6 casi su 100.000 all’anno nella popolazione: sono 198 le patologie oncologiche che hanno avuto questa classificazione grazie al progetto RARECAREnet, supportato dalla Commissione europea e coordinato dall'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. In Italia rappresentano il 24% di tutte le nuove diagnosi di tumore: questo significa 89.000 nuovi pazienti ogni anno e circa 900.000 persone complessivamente. Un tumore raro non è necessariamente incurabile anche se, secondo i dati AIRTUM, le neoplasie rare sono generalmente legate a peggiori tassi di sopravvivenza rispetto ai tumori “frequenti”: la sopravvivenza dopo 5 anni dalla diagnosi è circa del 68% per i tumori comuni e solo del 55% circa per quelli rari.

 

Dal punto di vista dell’accesso alle terapie farmacologiche, di recente, grazie a un emendamento presentato dall’On. Fabiola Bologna al Decreto legge 6 novembre 2021, n. 152, «Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose», le tempistiche di inserimento dei farmaci autorizzati nei Prontuari Terapeutici Regionali sono state ridotte da sei a due mesi per i farmaci orfani per malattia rara. “Consentire alle persone con tumore raro di poter accedere alle terapie esistenti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale è un dovere delle Istituzioni – ha commentato l’On. Fabiola Bologna, Commissione XII ‘Affari Sociali’, Camera dei Deputati – Oltre ad un adeguato monitoraggio sulla corretta applicazione di quanto già previsto a livello normativo, nel prossimo futuro e per le nuove terapie sarà necessario lavorare al fine di garantire tempistiche certe anche per la fase autorizzativa”.

 

Ulteriore passo in avanti, e in particolare in tema di diagnosi, è stato fatto in Legge di Bilancio 2022 con l’approvazione di un emendamento che istituisce, presso il Ministero della Salute, un fondo per i test di Next-Generation Sequencing-NGS con una dotazione pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 destinato al potenziamento di test di profanazione genomica dei tumori dei quali è riconosciuta evidenza e appropriatezza. “La profilazione genica rappresenta una delle più importanti innovazioni per la personalizzazione delle terapie per i pazienti oncologici – ha dichiarato la Sen. Maria Domenica Castellone, Commissione XII ‘Igiene e Sanità’, Senato della Repubblica – Oltre a una diagnosi più veloce e certa, infatti, consente di offrire al paziente cure più mirate e appropriate. Con l’emendamento approvato in Legge di Bilancio si è voluto sottolineare l’importanza di questi test attraverso l’istituzione di un fondo con risorse dedicate, che dovrà essere costantemente incrementato per consentire un uso esteso e frequente di questo strumento diagnostico”.

 

“La conoscenza del profilo genomico dei pazienti con tumori offre la possibilità di un intervento terapeutico con agenti target-based. Le tecnologie di sequenziamento di nuova generazione (NGS) si stanno rivelando un potente strumento per valutare il profilo genomico del tumore dei pazienti, permettendoci di studiare l'eterogeneità delle mutazioni e la loro frequenza in modo dinamico. Questa tecnologia consente anche il monitoraggio della risposta alla terapia e l'identificazione precoce dei meccanismi di resistenza. L’implementazione di questa tecnica nella pratica clinica migliorerà le procedure diagnostiche mirate e le terapie personalizzate nei pazienti con tumori diversi”, ha concluso Giuseppe Novelli, Professore Ordinario di Genetica Medica già Rettore dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”.

 

 

 

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