Critiche e considerazioni sulla gestione dell'emergenza pandemica

 

A parlarcene è il Dott. Mario Panaro, ex Diplomatico e Giornalista indipendente, che ha contribuito alla stesura del libro “Retos y Desafios”, commemorativo del primo anno di attività della Fondazione "Foro de Los Ríos" con sede nella città di Valdivia nella Patagonia cilena.

Qui di seguito trascriviamo il saggio di cui all'oggetto, ispirato all'opera di Ippocrate, padre della medicina moderna.

“Nessun uomo è un’isola, completo in sè stesso; ogni uomo è una parte del tutto. La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell’umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te”, John Donne (1572-1631)

 

La pandemia un anno dopo: le occasioni perdute della cooperazione internazionale e del multilateralismo. Rivalutare la società civile, i movimenti, la lezione di Albert Schweitzer.

1 - Fa ancora senso parlare di cooperazione internazionale e multilateralismo per lottare contro la pandemia? Come possiamo valutare il lockdown alla luce dell’esperienza acquisita? Esistevano ed esistono alternative alla sua applicazione? I vaccini sono la “silver bullet” contro il virus? Quali strade sono percorribili per fare tesoro delle lezioni apprese e superare il senso di una sconfitta che la pandemia ci lascia? Sono queste alcune delle domande che ci siamo posti ad un anno dall’inizio della pandemia.

2 - Per deformazione professionale e per convinzione ho confidato per lungo tempo, senza nascondermene i limiti, gli errori e le insufficienze, nella cooperazione internazionale e negli Organismi multilaterali per favorire pace e prosperitá attraverso la soluzione di problemi sovranazionali, come configuratasi a partire dal secondo dopoguerra nei settori della gestione delle crisi, dell’ economia, del commercio e dell’ambiente, della sanità, dell’integrazione regionale.

Dopo quanto avvenuto con la grande crisi economica dei mutui americani del 2008, con la questione ambientale, con la presa di coscienza delle disuglianze che toccano ormai tutto il pianeta, nonchè da ultimo con la gestione della pandemia a livello multilaterale e nazionale, non si puó non notare un crescente scetticismo, se non addirittura sfiducia nei confronti degli Organismi multilaterali. E quindi nella loro capacitá di dare un contributo significativo alla soluzione dei macroproblemi che con sempre maggiore frequenza affliggono il genere umano, ma anche dare concretezza agli obiettivi di uno sviluppo equo e sostenibile, a cominciare magari da una sanità pubblica di qualità e da un efficace contrasto alla pandemia, che é poi l’argomento principale di questa riflessione.

La pandemia in particolare ha posto la questione dell’insufficienza dell’approccio verticistico (top-down) ai problemi sollevati dal Coronavirus, ma anche a quelli del malato, dei cittadini comuni, mettendo in evidenza la necessità che la cooperazione intergovernativa sia ripensata e ad essa si affianchi sempre di più il controllo e la partecipazione della società civile sulle questioni che ci toccano da vicino. E che sia valorizzato un network di movimenti, associazioni, di settori espressione di un approccio che vada alle radici dei problemi e operi dal basso (grass-root e bottom-up) per dare un contributo espressivo alla soluzione dei problemi. IppocrateOrg, un movimento nato nel Giugno 2020 con la partecipazione soprattutto di medici e paramedici, ma anche di altri settori italiani e non, inclusi alcuni latino-americani, é il risultato di questa esigenza, il frutto maturo dell’esperienza traumatica imposta dalla pandemia a tutti quanti hanno subito l’incapacità dei Governi, delle Entità sovranazionali, dei sistemi sanitari pubblici a reggere l’urto di un virus, che ha causato la distruzione di ricchezze immense e sacrificato vite, senza aver trovato finora una risposta coerente ed ampia contro la sua azione distruttiva.

3 - La ragione della sfiducia nel multilateralismo sanitario si identifica soprattutto col ruolo svolto dall`OMS, ma anche con la pretesa di alcuni grandi Paesi ed Organizzazioni di poter fare egoisticamente affidamento soprattutto sulle proprie risorse nella ricerca di soluzioni. Noi crediamo che l’OMS sia stata pregiudicata, in una prima fase, dalla mancanza di trasparenza delle Autorità cinesi e dalla decisione sul lockdown applicata da esse. É significativo a questo riguardo che la missione ispettiva dell’OMS al famoso laboratorio di ricerca di Wuhan sia avvenuto solo dopo un anno dalla comparsa del virus. Ancora il 30 marzo 2021 il DG dell’OMS, Tedros Ghebreyesus, ha criticato la Cina per la condivisione insufficiente dei dati sul Covid-19 e ha chiesto un’inchiesta sull’ipotesi di fuga del virus da un laboratorio cinese. Lo stesso DG aveva tuttavia lodato nel gennaio 2020 il ruolo svolto da quel Paese all`inizio della lotta contro il virus.

Se il mondo fosse quello ipotizzato dalla Repubblica di Platone, ovvero governato da uno Stato ideale, il comportamento dell`OMS a partire dalla dichiarazione dell’OMS sulla pandemia in atto del marzo 2020 avrebbe dovuto fare tesoro di quanto avvenuto nei mesi di gennaio e febbraio con una serie di indicazioni operative sulle politiche pubbliche e sui comportamenti collettivi necessari per attenuare e contenere l’impatto della pandemia. Ad esempio: un partenariato con la comunità scientifica, affinché desse le migliori indicazioni con indipendenza alla luce delle caratteristiche principali che il virus già evidenziava nelle prime settimane di diffusione; la sottolineatura dei ruolo cruciale che la coesione e le capacità operative dei singoli Stati e dei loro sistemi sanitari, oltre che la collaborazione della società civile potevano giocare nel contenimento della diffusione del virus; una particolare attenzione all`assistenza territoriale, che avrebbe potuto essere una prima difesa contro l`aumento dei ricoveri ospedalieri, dimostrandosi invece il tallone d`Achille nella lotta al virus; una ricerca determinata di protocolli medici che garantissero difese adattate alle singole realtà contro un virus che era sicuramente minaccioso e letale, ma che era sostanzialmente una sindrome influenzale di carattere sistemico, parte di una famiglia di virus con cui l’uomo convive biologicamente; il coinvolgimento dei settori produttivi, affinché ponessero in essere tutte le misure addizionali per proteggere i loro addetti; una speciale attenzione al sistema dei trasporti che era stato il veicolo principale di diffusione dei contagi. Last but not least, una strategia di comunicazione intesa non a diffondere la paura, bensí a trasmettere fiducia e sicurezza nella capacità delle Istituzioni sovranazionali e nazionali ai vari livelli di farvi fronte, agendo cooperativamente ed in sintonia.

4 - Con il buon senso ed una più intelligente gestione a livello planetario della pandemia ci si sarebbe in questo modo avvalsi delle migliori pratiche, di protocolli medici e terapie che avrebbero dimostrato già nei 2-3 mesi successivi alla dichiarazione di pandemia che il virus era curabile prima di tutto attraverso le terapie domiciliari ed il cocktail di farmaci allora disponibili e che in seguito si sarebbero aggiunti. Che non vi era quindi la necessità di applicare lockdown duri, né di restare vittima di panico e sconcerto, come invece avvenne.

E sarebbe stata anche avviata la ricerca di uno o più vaccini in grado di integrare e completare questa operazione, integrata da un partenariato pubblico-privato e affidata alle multinazionali del farmaco, limitandone i diritti sui brevetti (sia per questioni di contenimento dei costi che per condivisione con Paesi a basso reddito) dopo averne finanziato, in molti casi a fondo perduto, ricerca, test e acquisto di materie prime. Magari di vaccini che utilizzassero il virus intero, fossero monodose, evitassero il ricorso a ingegnerie bio-tecnologiche mai sperimentate prima, fossero somministrati oralmente. Con l`obiettivo aggiuntivo di una operazione destinata a immunizzare tutta o buona parte della popolazione del pianeta e non solo il mondo sviluppato, dato che il principio ispiratore di tutta l’operazione sarebbe stato quello della poesia di John Donne: nessun uomo è un’isola. Tanto meno in un mondo ormai globalizzato ed interconnesso. Questo dunque sarebbe stato auspicabile.

5 - É ovvio che questa strategia dell’OMS non sarebbe bastata da sola ad evitare i traumi dei sistemi sanitari colti di sorpresa dalla rapida progressione e letalità del virus, né i decessi che tanta impressione causavano anche in realtà paradossalmente attrezzate.

Sarebbe stata necessaria, per reggere l’onda d’urto della pandemia, simile a quella della “spagnola”, la messa in atto da parte dei singoli Stati delle misure raccomandate dall`OMS e dalla comunità scientifca e medica, auspicabilmente alleate in questa battaglia, della società a tutti i suoi livelli, dell’opinione pubblica, dei media, di meccanismi di controllo e di test efficaci, dei movimenti che dal basso indicavano strategie e alternative a scelte autoritarie o dettate da interessi economici e politici. In poche parole, una risposta corale e coordinata e non in ordine sparso.

Sappiamo invece come é andata. Cerchiamo di capire se si sarebbe potuto far meglio. In questo contesto non possiamo non sapere che l’OMS é un’organizzazione intergovernativa, che dipende soprattutto dai suoi principali finanziatori ed é regolata dal consenso nelle sue delibere degli organi di gestione. Ha quindi più padroni a cui rispondere e non solo la salute da tutelare.

Opera, come tutta la famiglia ONU, sulla base di compromessi a volte ottenuti faticosamente, a volte eterodiretti. É questa la realtá e dobbiamo tenerne conto, riducendo quindi le nostre aspettative, il che tuttavia non ci esime dall’esprimere critiche costruttive ed opinioni basate su esperienze e sull’osservazione di quanto avvenuto. E qui purtroppo troviamo troppe anomalie, a cominciare dal lockdown.

6 - Il lockdown, decretato dalle Autorità cinesi per l’intera regione dello Huebei, di cui Wuhan era capitale, nel gennaio 2020 e mantenuto per meno di un mese con rigidi controlli nel resto del Paese e tutta una serie di misure complementari che facevano largo uso delle migliori tecnologie, ebbe effetti positivi nel contenimento del contagio e fu applicato ogni volta che si ripresentavano focolai di contagio in altre regioni del Paese. Tuttavia riteniamo che le modalità con cui fù applicato si confacevano al modello cinese di sistema politico e di società, un pò come il sistema di economia socialista di mercato con i successi e con tutti i limiti che sappiamo.

Mentre alla Cina è bastato circa un mese di lockdown rigido, solo in un piccolo numero di Paesi esso dette risultati analoghi nella prima ondata. Furono quelli che presentavano condizioni politico-istituzionali adeguate ed erano favoriti anche da localizzazioni geografiche propizie, come nel caso di Australia e Nuova Zelandia, o di Taiwan, Vietnam e Mauritius, che ovviamente erano impossibili da replicare in altri Paesi con altrettanto successo. Meno che mai in America Latina o in Africa, ove le condizioni politico-istituzionali sono quelle che conosciamo e quelle economico-sociali certamente poco compatibili con la chiusura dei sistemi economici e la brusca riduzione dei rapporti sociali, assai ardui da applicare e mantenere per periodi prolungati.

Nel resto del mondo sviluppato chi ci provò e ci sta provando ancora, come l’Italia e molti altri Paesi, si scontrò e si scontra con le difficoltá enormi di farlo rispettare in sistemi democratici con competenze frammentate e diffuse sul territorio, con popolazioni meno disciplinate, salvo poche eccezioni, con i costi crescenti dell’operazione, con la distruzione repentina di milioni di posti di lavoro, con il pregiudizio enorme per i sistemi sanitari e per quelli educativi, non adeguatamente supportati dalle misure di finanziamento e di contenimento che invece coprivano altri settori, con la comparsa di nuove patologie e disturbi neurologici, cardiovascolari e di altra natura in popolazioni private di contatti sociali e di una convivialità che era la base delle relazioni sociali e di lavoromisura intermittente. Le proteste sempre più diffuse nei Paesi occidentali ed in altri Continenti contro gli eccessi del lockdown, la stanchezza delle popolazioni costrette ad un tipo di isolamento artificiale, i costi sempre più alti di applicazione di ripetuti lockdown confermano i limiti di questa misura.

Possiamo convenire che il lockdown sia stato necessario nella prima fase della pandemia quale rimedio amaro, ma inevitabile per contenere l’ avanzata dei contagi, ovvero per evitare il collasso di moltissimi sistemi sanitari impotenti di fronte al repentino aumento dei contagi e dei ricoveri in Unità di Terapia Intensiva (UTI) con decessi rapidi e traumatici, soprattutto di persone anziane o di altre affette da patologie gravi. La tragedia di Bergamo lasciò il segno e fece il giro del mondo. Poteva quindi essere giustificato per il periodo in cui si sperò che desse risultati analoghi a quelli ottenuti dalla Cina. Purtroppo non dette i risultati sperati.

Il lockdown, sia pure nella forma blanda, si scontrava anche con la struttura sociale e culturale di altri Paesi, come il Brasile, la cui povertà, precaria urbanizzazione e carente sistema di trasporto pubblico non consentivano di rispettarne le regole e lo rendevano arduo da sostenere sul medio termine dal punto di vista fiscale per gli oneri che essa comportava sulle finanze pubbliche.

Ma l’handicap maggiore del lockdown é rappresentato dai suoi costi esorbitanti: solo per citare un dato, il debito di Governi, imprese e famiglie è cresciuto nel solo 2020 di 24 trilioni di dollari, circa 120% il PIL degli USA, secondo stime dell’Institute of International Finance di Washington. Spese affrontate per sostenere l’economia, affrontare la pandemia, gestire i bilanci in perdita a causa della recessione innescata dalla chiusura repentina di gran parte delle attività economiche e produttive per periodi sostenuti di tempo.

Sono cifre vertiginose con le quali si sarebbero potute finanziare non solo risposte meno traumatiche alla pandemia, evitando il collasso generalizzato che buona parte dei Paesi sviluppati e non ha invece subito, ma anche finanziare sistemi sanitari nazionali ed opere essenziali per uno sviluppo sostenibile e meglio distribuito.

Allorché sono arrivate in altre regioni del mondo la seconda e terza ondata e soprattutto le varianti del virus, mentre si parla di una quarta ondata negli USA, tali costi hanno continuato a crescere. Il lockdown ha confermato in poche parole, a nostro avviso, la massima di Paracelsus che “dose sola facit venenum”, ovvero che una cura da cavallo rischia di ammazzare il cavallo.

7 - Si era quindi determinata la necessità di un’altra misura forte, come quella dei vaccini, per cercare di combattere con maggiore efficacia e rapidità delle terapie adottate, consentendo la ripresa delle attività produttive. Ecco quindi come l’umanitá si é trovata di fronte a due rimedi estremi, lockdown e vaccini rapidi e anche di nuova generazione, che facevano ricorso ad ingegnerie bio-tecnologiche mai applicate in precedenza, da sperimentare sull’uomo nella c.d. fase quattro, mettendo in secondo piano quella strada maestra che la storia dei vaccini tradizionali ed il buon senso indicavano.

Di fronte ai media ed alla scienza mainstream che parla di vittoria della tecnologia e della conoscenza in tempi straordinariamente rapidi, vi é una minoranza che teme che i vaccini siano stati chiamati a fare il lavoro sporco che l’establishment non era capace di fare e siano serviti come pretesto per spingere sotto il tappeto la polvere di problemi spinosi, che richiedevano invece soluzioni rivolte al bene comune più che alla soppressione improbabile del virus.

8 - Sarebbe stata allora più intelligente una risposta meno autoritaria, più mirata e tecnica al virus, se solo l’umanitá non si fosse fatta prendere dal panico e poi ingoiare dai calcoli politici e dagli interessi economici che hanno trascurato o fatto tacere le voci che reclamavano risposte più consone con la natura, con il convivio, con i bisogni delle persone. Voci alternative che facevano riferimento ai farmaci esistenti, alle terapie domiciliari, all’ assistenza sul territorio, ai metodi che si sperimentavano nei mesi successivi alla débacle della rete ospedaliera, quali le trasfusioni di plasma iper-immune, alla ricerca scientifica che faceva progressi notevoli in tempi rapidi anche sul fronte dei farmaci e delle terapie. In tutto questo purtroppo i media mainstream hanno giuocato un ruolo negativo molto importante, alimentando la paura, difendendo il lockdown, le scelte precipitate sui vaccini e trascurando la situazione di debolezza cronica dei sistemi sanitari pubblici, penalizzati da scelte politiche fallimentari, nonchè oscurando le voci alternative.

Dato che già a marzo-aprile 2020 era noto ad un numero significativo, anche se ristretto e frammentato, di operatori sanitari ed esperti italiani e di altri Paesi, che il Covid-19 era una malattia curabile nelle sue tre fasi evolutive, soprattutto se trattata in tempo, la nostra tesi é che si sarebbe dovuto imparare a convivere con il virus, anziché ritenere, come fece l’Economist in suo editoriale del 6/3/2020 dedicato al pianeta in lockdown (“Closed?”) che la scelta era tra la mitigazione (mitigation) o la soppressione (suppression) del virus. Convivere perchè il virus era curabile ed in quanto tale poteva non essere cosí letale, come invece sarebbe stato nei mesi successivi. A supporto della nostra tesi troviamo la Rivista Nature, che ha intervistato cento infettologici nello scorso mese di gennaio. Novanta di essi ritengono che il Coronavirus é una malattia endemica con la quale il mondo dovrà convivere.

9 - Si cedette con i vaccini alla tentazione di una soluzione rapida al problema del virus, dettata da finalità politiche e di prestigio, dall’interesse nazionale, avviando un rapporto spurio con le case farmaceutiche sul modello americano, seguito a ruota dall’UE e da tutti quei Paesi che cercavano una scorciatoia. Prevalsero “il capitalismo, l’avidità”, come il 24 marzo scorso il Premier britannico Boris Johnson ha ammesso, facendo il verso a Gordon Gekko, protagonista del film “Wall Street”.

E all’OMS fu lasciato un ruolo secondario in questa operazione con lo schema di cooperazione del vaccino Covax facility, finanziato da un consorzio multinazionale pubblico-privato e destinato a soddisfare in maniera equa le necessità di Paese sviluppati e non, ma in proporzioni ridotte per i Paesi in via di sviluppo.

10 - La gestione capitalista ed egoista dei vaccini era strettamente legata a quella dei brevetti. India e Cuba costituiscono casi a parte in questo panorama.

La conseguenza é che i residenti dei Paesi ricchi o a medio reddito hanno finora ricevuto il 90% delle circa 400 milioni di dosi iniettate. In base alle proiezioni correnti, secondo il New Yimes, la maggior parte del resto del mondo dovrà attendere anni per essere vaccinata. Per tale ragione si é formato un movimento a livello internazionale affinché i Governi dei Paesi occidentali facciano pressione su Big Pharma per la condivisone del know-how con i partners dei Paesi esclusi dalla corsa ai vaccini e per l’aumento della loro produzione a loro favore.

Dobbiamo constatare con rammarico che i Governi, che hanno finanziato le multinazionali del farmaco, hanno finora ignorato sia le pressioni sia i precedenti appelli formulati dall’OMS per sospendere diritti di proprietá sui brevetti da esse posseduti.

Sarebbe bene tener presente quanto affermato al riguardo dal Prof. Mantovani, immunologo, Presidente della Fondazione Humanitas per la ricerca, il 6 Aprile scorso in un’intervista all’ANSA: “senza vaccini ai Paesi poveri saremo sommersi dalle varianti”.

A rafforzare l’opinione del Prof. Mantovani e di tanti altri troviamo un editoriale del Guardian dell’11/4 scorso, nel quale si afferma:”che oltre 11 mld. di dosi dovranno essere messe a disposizione per fare due inoculazioni a circa il 70% della popolazione mondiale (esclusa dai vaccini, n.d.r.) che raggiungerebbe, si spera, qualche sorta di immunità di gregge. Finora purtroppo dati recenti indicano che le nazioni più prospere, che costituiscono circa un quinto della popolazione del mondo, hanno già comprato 6 mld. di dosi, mentre le le nazioni più povere (4/5 dell’umanità) hanno potuto assicurarsene solo 2,6 mld.

Un altro editoriale dell'Economist del 14/5/2021, pubblica una stima del probabile numero di morti del COVID-19, che sarebbe da 2 a 3 volte superiore ai numeri delle statistiche ufficiali. Contiene anche un avvertimento urgente: "se le forniture di vaccini non raggiungono i Paesi più poveri, le tragiche scene che si stanno svolgendo in India rischiano di ripetersi altrove". .......Il nostro modello non è previsionale. Ma suggerisce che alcune parti del mondo sono particolarmente vulnerabili, come il Sud-est asiatico, sede di più di 650 milioni di persone, che finora è stato risparmiato da morti di massa per nessuna ragione evidente. Il COVID-19 non ha ancora fatto il suo corso. Ma i vaccini hanno creato l'opportunità di salvare milioni di vite. Il mondo non deve mancare. Altri milioni di persone moriranno.”

11 - Vale la pena citare quanto lo stesso editoriale del Guardian sottolinea a proposito del caso di Israele, quale best practice nella lotta alla pandemia sia per gli esiti della campagna di vaccinazione in corso che per le misure integrative prese da un Governo e rispettate da un Paese democratico che ha ben compreso la grandezza della sfida rappresentata da questo virus e dalle sue varianti. La costante pianificazione e adeguatezza sono due degli ingredienti di un insieme di misure evidenziate dalla prof.ssa Linda Bauld dell’Università di Edinburgo. Anche i test sugli anticorpi sia sui già vaccinati, che su quanti hanno contratto il virus in precedenza sono considerati utili dalla stessa docente per rendere più sicuri, fra le altre cose, i viaggi. In pari tempo, si sottolinea nell’editoriale, le Autorità israeliane stanno anche prendendo in considerazione l’ipotesi di vaccinare anche gli adoscelenti una volta che i vaccini siano stati approvati dalle Autorità, a conferma dello scrupolo con cui le Istituzioni di quel Paese accompagnano l’evolversi della pandemia, che ha già permesso la riapertura di buona parte delle attività produttive, culturali e sociali. Quando il comportamento responsabile dei Governi si allea alla scienza ed alla partecipazione della popolazione i risultati non mancano, pur in presenza di tante limitazioni e disuglianze, che tuttora persistono in quel Paese multietnico. Queste politiche ci fanno venire a mente il senso più profondo della parola tutela della salute che in inglese esprime anche empatia, interesse per la sorte dell’ altro (care) e che noi vorremmo fosse recuperata tanto nella politica, quanto nella pratica amministrativa e sanitaria allorché si parla di lotta alla pandemia urbi et orbi.

12 - Vi sono comunque altri elementi di perplessità collegati alla questione dei vaccini, che ci limitiamo a sfiorare: non sappiamo quanto tempo passerà prima di poter dire se quelli attualmente disponibili funzioneranno a dovere, “funzionicchieranno” come ha detto nei giorni scorsi un esperto o se saranno necessarie alternative. Al momento non ci paiono il “silver bullet” contro la pandemia, bensí una protezione temporanea contro le complicazioni indotte dalla malattia, ma non totalmente contro l’infezione del soggetto vaccinato e la diffusione dei contagi. E non sappiamo per quanto tempo gli anti-corpi da essi prodotti faranno effetto. Inoltre non sono note le reazioni che possono provocare su pazienti affetti da determinate patologie o che si sottopongano a determinati trattamenti, perché non si é avuto il tempo, nè la volontà di testare i vaccini in uso in maniera adeguata a questi fini. Si tratta inoltre di vaccini ancora in fase sperimentale, dato che non é stata studiata a fondo la loro interferenza con altri farmaci, non si sa se a lungo termine possano avere effetti cancerogeni o genotossici o possano innescare malattie auto immuni. Queste sono solo alcune delle domande in attesa di risposte convincenti e informazioni trasparenti.

E probabilmente dipenderemo da questo tipo di vaccini per un certo numero di anni, per affrontare le varianti che nel frattempo sono emerse nel Regno Unito, in Sud Africa, Brasile, India e da ultimo, pare, anche in Vietnam.

Dovremmo allora convenire che se questo è quello che ci aspetta, abbiamo sprecato un’ occasione enorme per fare un salto nella cooperazione internazionale, partendo dalla sanità e ci resta solo da raccogliere i cocci?

13 - Se dal mondo di Platone passiamo a quello reale, troviamo una luce di speranza nella “Dichiarazione di Roma” scaturita dal “Global Health Summit”, tenutosi a Roma il 21 Maggio 2021, in collaborazione con la Commissione dell’Unione Europea, nell’ambito delle iniziative della Presidenza italiana del G20, per discutere su come migliorare la sicurezza sanitaria, come rafforzare i sistemi sanitari e come migliorare la capacita’ dei singoli Paesi di affrontare le future crisi in uno spirito di solidarietà.

La Dichiarazione é stata firmata dai 20 Paesi membri del Gruppo. Combattere il Covid-19 con una campagna di vaccinazioni globale e immediata, e prevenire la prossima pandemia: su queste due direttrici ha operato il vertice, che ha riunito, oltre ai leader del G20, scienziati, Organizzazioni internazionali e società civile per dare risposte concrete, a partire dalla redistribuzione solidale dei vaccini a disposizione dell’Occidente sviluppato a beenficio dei Paesi poveri, condividendo brevetti, conoscenza e produzione.

Il documento fa anche un richiamo alla “volontarietà” nel trasferimento di licenze, know-how e brevetti sui vaccini, un compromesso tra chi sollecitava la sospensione dei brevetti e chi vi si opponeva, una “terza via”, che é poi anche anche quella difesa dal Direttore Generale dell’OMC, la nigeriana Ngozi Okonjo-Iweala. Va anche sottolineata la disponibilità di Pfizer, Moderna e Johnson & Johnson di mettere a disposizione 3,5 mld di dosi per i Paesi poveri per il biennio 2021-2022. Non si tratta di donazioni, ma della vendita a prezzo di costo agli Stati a basso reddito ed a prezzo ridotto a quelli a medio reddito. Anche UE e Stati membri si sono impegnati ad ampliare in misura significativa le loro donazioni di vaccini e finanziamenti ai Paesi poveri. Ad essi si é aggiunta la Cina, che ha promesso 3 mld di dollari in aiuti nel prossimo triennio in quella che é stata ribattezzata “la diplomazia dei vaccini”, che merita una notazione a parte nel prossimo paragrafo.

Prima del vertice si erano registrati ad ogni modo già i risultati del “Coronavirus Global Response”, una campagna di donazioni che aveva raccolto quasi 16 miliardi di Euro in tutto il mondo per l’ accesso universale a trattamenti, test e vaccini contro il virus. É più di quanto pensassimo, anche se molto meno di quanto necessario.

Si tratta di segnali di una ripartenza, che si sommano a quelli provenienti dalla nuova Amministrazione americana su quattro fronti: dello sviluppo sostenibile, del maggiore ruolo dello Stato nei confronti di politiche di qualitá e con chiari obiettivi redistributivi, del rafforzamento della democrazia e della cooperazione multilaterale a partire dai like-minded, ovvero da quei Paesi che condividono valori e principi della democrazia liberale e dello stato di diritto, per far fronte all’avanzata dei populismi e dei nazionalismi, oltre che per contrastare l’avanzata dei regimi autocratici.

Riteniamo quindi che vi siano alcune condizioni per riprendere il cammino interrotto soprattutto a causa della crisi economica del 2008 e delle sue pesantissime ricadute su tutte le economie del pianeta, per dare nuova linfa non solo alla cooperazione sanitaria multilaterale e ad una OMS meno condizionata da interessi politici o economici, ma anche ad un nuovo ordine internazionale, di cui tanto si é parlato nelle due decadi passate, ma che poco o nulla ha prodotto finora.

14 - Ovviamente sarà necessario evitare in questo cammino accidentato i rischi di una nuova guerra fredda a partire dai conflitti e dalle dissonanze nel G3 (USA, Cina e Russia), ove è sempre più evidente la divaricazione tra sistemi politici alternativi (democrazia contro autocrazie) ed economie concorrenti e su certi dossier perfino antagoniste (soprattutto USA e Cina, visto che il PIB della Russia equivale ancora a quello dell’Italia). A quest’ultimo riguardo abbiamo avuto un esempio chiaro nella diplomazia dei vaccini, cui si faceva cenno in precedenza, come rileva in una recente analisi l’Economist Intelligence Unit, allorché contabilizza lo sforzo rilevante messo in atto da Cina e Russia per la fornitura di vaccini a Paesi emergenti e poveri, anche a costo di penalizzare i propri cittadini. Si è visto quello che sta accadendo in alcuni Paesi latino-americani, ove vaccini cinesi e russi rappresentano ormai la principale fonte di appproviggionamento, come pure di trasferimento di tecnologia. Nel solo Brasile il Coronavac cinese rappresenta circa l’80% dei vaccini già somministrati tra prime e seconde dosi. In Cile tale percentuale arriva al 90%. La Cina marca posizioni di rilievo anche in altri Continenti grazie anche a robuste capacitá produttive di principi farmacologici attivi, a tre vaccini in distribuzione (Sinovac, Sinopharm e Cansino in co-produzione col Canada) e altri 14 in dirittura d’arrivo. Cambogia e Laos, clienti per avere appogi nelle dispute territoriali nel Mar della Cina meridionale, Pakistan per sostenere il progetto della Nuova Via della Seta, produzione del vaccino AstraZeneca da distribuire ad Europei e brasiliani. A queste forniture si aggiungono doni a circa 90 Paesi poveri di Africa, Asia ed America Latina.

La Russia, da parte sua, col vaccino Sputnik 5 é riuscita ad aprire una breccia in Bolivia ed Argentina, ma non ancora in Brasile, ove vi è resistenza da parte dell’Autorità di vigilanza sanitaria. Avanza, inoltre, nell’Europa dell’Est, soprattutto nei Paesi ex Patto di Varsavia: Serbia, Ungheria, Slovacchia e tratta con l’UE per la produzione in alcuni dei suoi Paesi membri.

Di fronte a questa strategia gli USA hanno mostrato lentezza di riflessi, limitandosi per ora ad offrire dosi eccedenti a Messico e Canada e ad annunciare che insieme ad India, Giappone ed Australia finanzieranno circa 1 mld di dosi del vaccino Johnson & Johnson a Paesi del Sud-Est asiatico con previsioni di consegna non anteriore tuttavia al 2022.

15- Abbiamo dunque un quadro internazionale complesso e complicato in movimento, i cui pezzi tendono a spostarsi a seconda delle convenienze e delle alleanze. Quello che possiamo e dobbiamo auspicare é che vi sia, oltre ad un recupero della dimensione multilaterale dei problemi irrisolti sulla base del principio che ormai la globalizzazione ha posto tutti nella stessa barca, anche la consapevolezza che vada tutelata una dimensione etica dello sviluppo. Nel senso che, se intendiamo veramente trovare un bandolo in questa matassa intricata, occorre andare alla radice dei problemi che abbiamo di fronte, a cominciare da quelli sanitari, per una credibile correzione di rotta e magari un ribaltamento del quadro di errori commessi, di occasioni mancate, di potenzialità trascurate, di alleanze non realizzate. Questa sarebbe la cartina di tornasole per cominciare a superare il senso di una sconfitta che la pandemia ha generato di fronte al quadro di devastazione creato e non superato dal nazionalismo dei vaccini e dalle risposte in ordine sparso sul fronte delle terapie e dei protocolli.

Affinchè si torni a scoprire che la vita ha una dimensone etica ineludibile, che pone al centro dell’azione politica e della cooperazione l’essere umano, la natura, il mondo come un sistema integrato ed interconnesso non solo sul piano economico, finanziario, delle comunicazioni, degli scambi, ma soprattutto dei valori di fronte al rapporto fra individuo ed Istituzioni, alla gestione delle politiche pubbliche e della condivisione di un destino.

Torna quindi di attualità la lezione del Dr. Albert Schweitzer, che scelse di dedicare la sua vita al servizio degli altri, dei meno favoriti, in particolare del Continente africano, dove lavorò per circa 50 anni, in particolare nel Gabon occidentale. Lì fondó un ospedale e altre opere assistenziali, scegliendo di morire ed essere sepolto nel suo amato villaggio di Lambarenè il 4 Settembre del 1965, ormai noventenne. Cito un passaggio dal suo libro di memorie “Aus meinem Leben und Denken” (dalla mia vita e dal mio pensiero):

«Il progetto che stavo per mettere in atto lo portavo in me già da lungo tempo. La sua origine rimontava ai miei anni di studentato. Mi riusciva incomprensibile che io potessi vivere una vita fortunata, mentre vedevo intorno a me così tanti uomini afflitti da ansie e dolori [...] Mi aggrediva il pensiero che questa fortuna non fosse una cosa ovvia, ma che dovessi dare qualcosa in cambio [...] Quando mi annunciai come studente al professor Fehling, allora decano della Facoltà di Medicina, egli avrebbe preferito spedirmi dai suoi colleghi di psichiatria.»

Schweitzer riteneva che la decadenza del mondo moderno fosse data dal fatto che al progresso materiale non corrispondesse il progresso morale, favorito dalla meditazione e rivolto all'essenza delle cose. Passando in rassegna tutte le etiche del passato, egli riscontrò che a tutte mancava un fondamento vero e indiscutibile.

Trovò la soluzione del suo problema nel 1915 durante un viaggio intrapreso lungo il fiume Ogoouè, per andare a curare dei malati: «La sera del terzo giorno, al tramonto, proprio mentre passavamo in mezzo a un branco di ippopotami, mi balzò d'improvviso in mente, senza che me l'aspettassi, l'espressione “rispetto per la vita”. Avevo rintracciato l'idea in cui erano contenute insieme l'affermazione della vita e l'etica

Elaborò a partire da questo momento un'etica che non si limitava al rapporto dell'uomo con i suoi simili, ma che si rivolgeva a ogni forma di vita; un'etica completa perché totalmente integrata e armonizzata in un rapporto spirituale con l'Universo.

I precetti che l'uomo deve riscoprire possono essere definiti «precetti della ragione guidati dal cuore». Lo statuto dell'etica deve quindi essere ricercato nella profondità dell'uomo, nel suo appartenere alla vita, nell'essere contemporaneamente creatura pensante e sensibile, che interagisce con gli altri esseri e con la realtà delle cose, delle istituzioni e dei pensieri. Tutto il suo agire e interagire non è altro che il vivere e da ciò consegue naturalmente che a fondamento della sua etica non può che esserci la vita.

Grande importanza come fonte di ispirazione per l'agire dell'uomo rivestono inoltre, secondo Schweitzer, gli ideali: «Lungo la strada della vita mi ha accompagnato, come un fedele consigliere, la convinzione che nella maturità dobbiamo lottare per continuare a pensare liberamente e a sentire così profondamente come facemmo in gioventù.» Gli ideali sono i motori dell'agire.

Schweitzer e Donne diventano quindi nel contesto di questa riflessione su cooperazione e multilateralismo due fonti di ispirazione per continuare a credere che la battaglia di movimenti come IppocrateOrg sulla pandemia é combattuta dal lato giusto della storia.

 

Il saggio pubblicato è tratto dal libro Retos y Desafios

 

Mario Panaro, ex Diplomatico e Giornalista indipendente