Claudio Beccalossi

 

BENVENUTI A GIAZZA/LJETZAN ED AL SUO BILINGUISMO IN ESTINZIONE

 

NELL’ULTIMA ISOLA DEL CIMBRO PARLATO

 

Una puntatina alla congiunzione delle valli d’Illasi e Revolto, dove si toccano le province

di Verona e Trento – O, ancor meglio, un’escursione nel passato, al tempo della venuta

di migranti dalla Baviera e dalla Bassa Sassonia, alacri boscaioli che dal XIII secolo in

poi resero fertili terre e foreste montane incolte

 

Servizio e foto di Claudio Beccalossi

 

 

Giazza/Ljetzan (Selva di Progno, Verona) Con rare presenze di persone, gli esercizi chiusi, le porte ovunque sprangate, la chiesa parrocchiale di San Giacomo Maggiore, edificata tra il 1678 ed il 1680, aperta (ma fredda, nella semioscurità e deserta) ed il pesante, quasi penoso silenzio ovunque, gironzolare per il paese a 758 m d’altezza provoca sensazioni d’angoscia e rigurgiti di malinconia che scombussolano l’anima…

Le restrizioni “colorate” governative anti-SARS-CoV-2 hanno coinvolto anche questa località-fossile dove la valorizzazione delle proprie remote peculiarità non è solo un termine astratto, retorico, futile ma normalità quotidiana collettiva, sia dei residenti “storici” che degli studiosi della superstite originalità stanziale.

Limitazioni e serrate sono inflessibili anche per il locale Museo etnografico dei cimbri, istituito tra il 1970 ed il 1972, proprietà della Comunità montana della Lessinia ed affidato in gestione al Curatorium Cimbricum Veronense, dove sono conservati ed esposti manufatti, attrezzi, arnesi del pluricentenario lavoro di boscaioli, carbonai, artigiani e pastori cimbri. Sono significative le “colonnette” votive (originali o riprodotte in gesso) e la Madonna Lauretana, esempio degli affreschi esterni delle case dipinti tra i secoli XVIII e XIX.

Collocata al mescolarsi dei torrenti Revolto e Fraselle, che scendono dalle rispettive valli omonime, che origina il progno d’Illasi, Giazza (la Ljetzan dei cimbri) convive con la vasta foresta demaniale riconosciuta ufficialmente nel 1911 che s’estende su circa 1.904 ettari e che interessa anche territori di comuni e province confinanti (Ala, Trento e Crespadoro, Vicenza).

È appunto a Giazza/Ljetzan che uno sparuto numero di anziani abitanti s’esprime ancora in cimbro/zimbar, idioma (taucias gareida, lingua cimbra) di ceppo germanico d’origine bavarese meridio-nale (alcuni aggiungono pure di provenienza tirolese), conosciuto in zona come tauć (affine al termine deutsch, tedesco), parlata dei lontani antenati che vennero in zona dalla Baviera e dalla Bassa Sassonia (probabilmente dai dintorni dell’Ammersee e dello Starnberg See).

Fu nel 1287, infatti, che il vescovo veronese Bartolomeo Della Scala autorizzò gente in cerca d’opportunità di quell’area geografica a trasferirsi ed a risiedere in estensioni incolte della Lessinia (comprensorio nelle Prealpi venete, per la maggior parte in provincia di Verona e parzialmente in quelle di Trento e di Vicenza) di sua proprietà con il compito di popolarle e di renderle fertili, disboscando e dissodando.

Il rapporto con la nuova geografia montana fu positivo per i coloni che si dispersero formando diversi nuclei che, fino alla caduta della Repubblica di Venezia, nel 1797, costituirono un’entità amministrativa organizzata dapprima in Undici (fino al 1616) e poi in Tredici Comuni: Velo Veronese, Roverè di Velo ora Roverè Veronese, Val di Porro/Valdiporro, Azzarino (toponimo d’un aggregato di contrade a nord-est di Velo), Camposilvano, Selva di Progno con Giazza, Sprea con Progno (attuale Badia Calavena), Saline (oggi San Mauro di Saline), Bosco Frizolana (l’odierna Bosco Chiesanuova), Tavernole, Cerro od Alferia, Erbezzo, San Bartolomeo delle Montagne, detto comunemente San Bortolo.

Furono preceduti in una comune epopea dai cimbri che affluirono, quale zona di primo insediamento, nei Sette Comuni dell’altopiano d’Asiago, nel Vicentino (la stessa Asiago, Enego, Foza, Gallio, Lusiana, Roana, Rotzo, località poi unite in una Comunità montana). Luserna, nel Trentino, costituisce a sua volta il lembo più a nord delle terre “colonizzate” dai cimbri.

L’uso della particolare lingua scemò nei Tredici Comuni della Lessinia tra i secoli XVII e XVIII. Verso il termine di quest’ultimo periodo la diffusione del cimbro riguardava appena Giazza/Ljetzan, Selva di Progno e certe contrade di San Bartolomeo delle Montagne, Velo e Roverè, cioè circa duemila persone. All’inizio del XX secolo il cimbro era ulteriormente ristretto a Giazza/Ljetzan e, in numero minore, a Selva di Progno.

 

                             

 

Dopo il periodo della decadenza, si succedettero le fasi “revisioniste” della (banale?) constatazione del patrimonio culturale (storico, linguistico ed etnografico) che rischiava d’andare perduto per sempre e della valorizzazione del “mondo cimbro” connessa all’attualità, alla conservazione e studio del lascito antico ed alla divulgazione moderna pure propositiva (con pubblicazioni di libri ed aperture di siti in Internet, corsi di taucias gareida e riproposte di cucina tipica). Maturità dagli ammirevoli intenti che va incoraggiata perché non demorda e strizzi ancor più l’occhio (magari con idonee campagne pubblicitarie e non appena ridotto ai minimi termini il “mostro” Covid-19) al turismo sapiens non di nicchia ed a valutabili gemellaggi con altre “isole” linguistiche altrove. Timidi suggerimenti destinati ad orecchie da mercante?