Di che colore siamo? Cosa possiamo fare?

Intanto il tempo passa …..

 

Spett.le Direttore,

Sono queste le domande più frequenti che sento nei dialoghi tra le persone e si percepisce subito che viviamo nella confusione delle informazioni.

È in questo caos di informazioni, dalle quali siamo bombardati ad alta frequenza, che si generano ansia, malessere emotivo e un vero e proprio disorientamento che, a differenza del primo lockdown in cui eravamo tenaci e resilienti, ora ci porta a non vedere più una speranza concreta verso una quotidianità tanto attesa.

Mentre qualcuno ci fa vivere nella totale confusione (governo), di divieti, eccezioni, colori con restrizioni alternative non ci accorgiamo che il tempo passa e la nostra mente costruisce abitudini nuove per poter sopravvivere a una realtà che nessuno immaginava.

Mi chiedo se questo nuovo modo di vivere sarà così forte da sovrastare le vecchie buone abitudini che avevamo: dalla frequentazione delle attività, delle palestre, alla Socializzazione nei parchi, dall’acquisto con qualche chiacchiera dal commerciante di fiducia, all’attenzione e alla cura per sé per andare a deliziare il palato nel nostro ristorante preferito,dalle partita a carte tra coetani, alla lettura di un buon libro in biblioteca o il giornale al bar

Mancano le piccole abitudini che prima, forse, non avevamo considerato necessarie e ora che non le possiamo più praticare ci rendiamo conto di non avere a portata di mano le “pillole” per il nostro benessere.

Fatichiamo a riposare serenamente, non riusciamo ad instaurare nuove amicizie, i rapporti sociali passano dalla cornetta di un telefono e molti si scontrano anche con una nuova precarietà e l’incertezza di un reddito, il tutto sommato alla preoccupazione per la propria salute. Insomma in questo momento, più che mai ci mancano proprio le azioni di vita quotidiana che possiamo considerare come “pillole di benessere “, momenti di socializzazione e azione che sono alla base del nostro buon umore.

Paradossalmente ci troviamo a decidere se la poltrona è più comoda del divano, con il cane al guinzaglio ci illudiamo che uscire di casa per fare l’isolato sia la passeggiata che ci fa tornare in forma e per sentirci meno soli ci aggreghiamo a video chiamate di gruppo, ma, la realtà è che queste chiusure last minute ci stanno danneggiando nella nostra socialità, portando molte persone a sentimenti di solitudine e a una prima forma di depressione.

Parlo di una solitudine che colpisce gli anziani, costretti a visite ridotte e fuggitive, tocca i ragazzi che non costruiscono relazioni tra i banchi di scuola o nei centri giovanili e infine tocca ogni singola persona che è costretta a costruire una routine circolare ridotta tra casa, lavoro e spostamenti necessari (spesa,farmacie ecc.

In questo modo si stanno perdendo i valori fondamentali e le buone abitudini per la costruzione di una rete sociale comunitaria funzionale.

Un malessere che colpisce soprattutto i primi nuclei sociali ovvero le famiglie che devono fare i conti con questa nuova realtà e molto spesso, per timore, paura o vergogna non riescono a richiedere un aiuto economico e sociale alle istituzioni locali.

È proprio su questo che si deve porre una maggiore attenzione, su una nuova definizione di povertà che di sicuro questa pandemia ha aggravato e accentuato in senso economico, spirituale, emotivo e sociale. L’auspicio, o forse, l’impegno delle amministrazioni locali dovrebbe essere la revisione della distribuzione delle risorse con la valutazione delle vere necessità, perchè il tempo atteso non perdona e non esclude nessuno.

Sociologo Renato Zucchelli

Fonte: Mario Pavone