Le polemiche e le reazioni sorte dopo la sciagura del Ponte Morandi sono, come era da immaginare in questa nostra cara Italia, infinite:

revoca della concessione ai Benetton (alias, Autostrade per l’Italia); provvedimenti governativi d´urgenza; risarcimento immediato alle vittime e ricostruzione del ponte a spese della concessionaria; istituzione di una "commissione ispettiva di esperti" da parte del ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, per far luce sull´accaduto; ipotesi di reato di omicidio colposo, formulate dalla Procura di Parigi, in relazione alla morte di quattro cittadini francesi coinvolti nel crollo (la Procura di Genova ha già aperto un´inchiesta per disastro colposo e omicidio colposo plurimo); allarmi sul deterioramento della struttura lanciati, nel corso degli anni, da esperti e non; comparazioni con le opere d´ingegneria romana, ad oggi intatte nel tempo e via dicendo. Insomma, si discute di tutto e per tutto, in particolare sulla sorprendente scalata economica dei Benetton e sulle eccessive “benevolenze” governative che hanno ruotato attorno a queste concessioni miliardarie, coperte - caso strano - da segreto di Stato (vincolo giuridico riguardante gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recare danno all'integrità della Repubblica).

Le povere vittime, purtroppo, sembrano essere passate in secondo piano tra le polemiche e le iniziative atte a ristabilire la sicurezza pubblica. Non mancano lo sciacallaggio politico sulla vicenda e, naturalmente, un deplorevole scaricabarile sulle responsabilità del disastro tra MIT (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) e società concessionarie.

Certo è che non saranno i vari processi sommari a risolvere il problema responsabilità; ci penserà la magistratura competente a farlo.

Quel che adesso preoccupa il cittadino è la possibilità di altri disastri e l’inesistenza di un quadro chiaro della reale situazione stradale del Paese, che garantisca la sicurezza di tutti.

Le opere di Riccardo Morandi, scomparso a 87 anni nel 1989, infatti, sono numerose in Italia e all’estero; la tecnica utilizzata è simile a quella del ponte di Genova e l’età delle costruzioni superiore ai 20 anni (oramai considerata l’età massima di durata di opere del genere, tenuto pure conto del flusso di traffico incomparabile con quello degli anni in cui le opere furono effettuate).

A Roma, ad esempio, il viadotto della Magliana (conosciuto anche come “Ponte Morandi”), un “fratello” minore di quello che è caduto a Genova il 14 agosto, rappresenta un’altra incognita da far tremar le vene e i polsi ai Romani e non solo, anche se il Campidoglio precisa che per detto ponte sono stati stanziati a Bilancio 2018 oltre 2 milioni di euro per interventi di manutenzione straordinaria.

Ricordiamo che solo a Roma Capitale esistono 400 ponti da controllare e che un altro “Ponte Morandi” a Benevento, il Ponte San Nicola datato 1995, è stato sottoposto, dopo la sciagura di Genova, al divieto di transito per gli automezzi pesanti, in attesa di urgente e improcrastinabile verifica tecnica sulla sicurezza della struttura dello stesso.

Cinque sono i ponti crollati in Italia nell’ultimo quinquennio. Il disastro di Genova è solo l'ultimo e il più grave di una lunga serie di crolli che mettono in discussione la sicurezza delle strade e autostrade italiane.

A puro titolo conoscitivo: 3. 020 chilometri su 5.886 con 2 miliardi di transito ai caselli ogni anno (5 milioni e mezzo al giorno) risultano in concessione ad Autostrade per l’Italia!

Nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani all´art. 3 si legge: “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”. In conseguenza di ciò e in buona sostanza, è lo Stato che si deve preoccupare, tra l’altro, della sicurezza del cittadino.

Oggi, in una società di rischio, come la nostra, si può tranquillamente affermare che le strade costituiscono uno dei maggiori pericoli per la nostra sicurezza, in quanto siamo utenti di esse. Ciò stante, lo Stato deve valutare tutti i possibili rischi provenienti dalla “strada” e adottare le misure idonee a prevenire e gestire detta tipologia di rischi, garantendo la sicurezza del cittadino.

Le holding finanziarie di turno non possono sostituirsi agli Organi dello Stato nell’assicurare ai cittadini i beni giuridici minacciati e messi in pericolo, per cui la prudenza e la trasparenza sono sempre poche nel delegare a terzi quelli che sono compiti specifici dello Stato, come la tutela della sicurezza, nel caso che ci occupa.

Non ci possiamo riconoscere in un Paese dove la sicurezza è affidata a politicizzati, ci aspettiamo che l’evento luttuoso di Genova, per il quale esprimiamo tutto il nostro dolore, apra gli occhi al nuovo governo perché prenda provvedimenti tali da evitare il ripetersi di simili tragedie. E se l’Europa dice no agli investimenti pubblici per sanare il degrado strutturale in cui versa l’Italia, infischiamocene per un momento, citando J. Edgar Hoover: “Qualche volta occorre piegare un po' le regole per garantire la sicurezza del paese”.