Se n´è andato oggi a Roma Piergiorgio Faraglia, grande musicista romano e grande essere umano. Aveva 52 anni. In mano a lui, grande e grosso com´era, la chitarra diventava piccolina ma lui la toccava, accarezzava, coglieva in un modo unico.

Poche note, pochissime, messe al punto giusto, al momento giusto. Acustiche o elettriche che fossero poco importava. Le aveva date a tanti, da Raiz al cantautore dilettante.

E aveva scritto e cantato canzoni sue, belle, forti, dolorose, ritmiche. Sue. Si era definito rocksongwriter. “L´uomo nero” si chiamava il suo disco, con cui era arrivato secondo alle Targhe Tenco per l´opera d´esordio. Ed aveva vinto premi (Botteghe d´autore, Premio migliore interpretazione al De André) e stima, affetto, emozioni.

Da sette mesi lottava con grande risolutezza contro un cancro alla lingua.

Piergiorgio Faraglia era chitarrista, autore, cantante, fonico, suonatore di strada. Era volontario della protezione civile e di Emmaus e nella sua Umbria, a Sellano (dove aveva casa e studio di registrazione), subito dopo il terremoto aveva con altri costruito una ludoteca per i bambini della zona.

Era sensibile, pacioso ed era tonante, prorompente. Aveva prodotto anche dei bei dischi di altri, trovando in ogni artista la via maestra che aveva dentro. E davanti a ogni incertezza di musicista il suo motto fulgido, indelebile, stentoreo era sempre quello: “Nun rompe er cazzo e sona”. E forse è un motto che ognuno nella vita dovrebbe far suo.

Domani, sabato 12 maggio, dalle 9 alle 15 alla camera mortuaria dell´IFO (Via Elio Chianesi, 53) ci sarà un primo saluto a Piergiorgio. Chi vuole può portare o indossare cose colorate. I musicisti possono portare strumenti e suonare.

Fonte: Monferr'Autore <monferrautore@gmail.com>