Un nuovo anno di degustazioni ha inizio con nuovi consorzi, alleanze tra produttori e tante iniziative che ci aspettano. Il mondo del vino in qualche modo riesce sempre a sorprenderci con appuntamenti sempre nuovi, ma è bene non dimenticare mai le origini. L’Onav di Roma per questo motivo ha scelto di inaugurare il calendario annuale delle degustazioni, ospitando un’azienda che è essa stessa parte della storia del vino Italiano ed è ancora oggi un modello di riferimento. In particolare è legata a doppio filo ad uno dei territori produttivi più significativi e amati, tanto in Italia quanto nel mondo. Dire Ruffino è dire Chianti basta pensare che la sua storia si intreccia con la denominazione fin dalle origini, quando il Barone Ricasoli traccio le linee guida per l’inizio della magnifica storia del Chianti e ancora non c’erano le distinzioni Classico e Selezione, di cui oggi Ruffino fa parte per ubicazione geografica e qualità. Nel primo disciplinare del 1872 il Barone indicava “Sangioveto, Canajuolo e Malvagia” come uve da impiegare, ed è con questa formula che Ruffino si è cimentata quando la famiglia ha vinificato per la prima volta il suo Chianti nel 1877. Il percorso dell’Azienda è andato di pari passo con quello dell’enologia nazionale interpretandone tempi, scelte e cambiamenti. Nel 1883 la troviamo a rappresentare l’Italia al Columbus Day di Chicago, mentre nel 1890 quando la Marchesa Juliette Colbert insieme a Cavour si industriavano per rendere il Barolo, allora dolce, un vino internazionale, Ruffino era già fornitore della Real Casa di Savoia. Incontro celebrato per sempre nel Chianti Classico Ruffino Riserva Ducale, che omaggia nel nome proprio il Duca d’Aosta. L’azienda è stata anche tra le prime ad imbottigliare nel celebre fiasco, esportando nel nord America insieme a questo uno dei simboli più potenti per l’affermazione del Made in Italy in campo enogastronomico a livello mondiale. Testimonial per il bel paese anche all’Expo di St. Louis nel 1904, i vini della famiglia Ruffino hanno rivestito un’importanza fondamentale anche per i migranti nel nuovo mondo. Ad essi ha garantito una continuità con la propria tradizione enologica, rappresentando nel contempo insieme ad altri vini, un veicolo di educazione al gusto per generazioni di Italiani in trasferta e per il mercato d’oltreoceano. Anche oggi è a questi che è dedicato il grosso della produzione, in quanto solo il 10% è distribuito sulla piazza Italiana. L’azienda testimone dei cambiamenti sociali, è stata tra le prime a pensare alla diversificazione delle linee produttive con vini caratterizzati da struttura ed importanza diverse, rivolti ai migranti come alle osterie e alla borghesia. Il merito di Ruffino è da ricercarsi qui e non negli effetti speciali, che tanti vini sembrano promettere oggi. Nel valore della tradizione, parola spesso abusata ma che in questo caso vale veramente la pena spendere. E’ stato questo anche il filo conduttore su cui il Delegato Onav Alessandro Brizi ha condotto la degustazione, accompagnato da Beppe D’Andrea in rappresentanza dell’Azienda. Cinque i vini nel bicchiere, il primo è un omaggio al lungo percorso Aziendale, dedicato a tutti quelli che hanno contribuito con il loro lavoro allo sviluppo di questo territorio. E’ il Chianti Riserva 2014, un’etichetta degli anni 50 recuperata in occasione dei 140 anni di attività dell’Azienda, che ha sede a Pontassieve e che durante il suo lungo esercizio si è distribuita in sette differenti tenute. Nel Chianti Riserva si avverte il frutto rosso maturo e la sfumatura di viola essiccata il lieve tono speziato di pepe e la nota di sottobosco umido. Equilibrato in bocca e di buona persistenza. E’ poi la volta del Chianti Classico Riserva Ducale 2014 uno dei primi Chianti Classico prodotti in assoluto, in cui il frutto è più piccolo e saporito, le spezie assumono i toni dolci accompagnate da un accenno balsamico e dalla terra umida. La grande freschezza in bocca viene accompagnata dal tannino, che denuncia la sua presenza senza essere esuberante. Di buona struttura e persistenza. Un curiosità su questo vino risale agli anni del proibizionismo americano, quando veniva venduto in farmacia agli Italiani come antidepressivo. A seguire il Chianti Classico Riserva Ducale Oro 2012, oggi anche Gran Selezione, vino che nasce nel 1947 e che viene prodotto solo nelle annate eccellenti. Qui il frutto vira sulla confettura ed appaiono le note di terziarizzazione del cacao. Rimangono i toni speziati e dolci, quelli del legno antico e balsamici. Il più complesso del lotto. In bocca è di grande freschezza con il tannino composto ma presente, il sorso è pieno e appagante anche in lunghezza. L’Ultimo Chianti Classico è il Riserva Ducale Oro 2000, che il tempo rende più docile nel bicchiere smorzando di quel tanto tannino e acidità. Al naso prevale la dolcezza sia nel frutto che nelle spezie, avvolte da sfumature balsamiche. In bocca è più rotondo e levigato degli altri, ma senza rinunciare al guizzo tipico di questi vini che non conoscono mai la piena morbidezza. La degustazione si chiude con il Modus 2014, un Toscana Igt prodotto da uve Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Merlot. Rispetto agli altri questo è un vino più sornione dal frutto grosso e maturo, speziato di pepe e noce moscata, accompagnata da richiami di tabacco e vegetali. In bocca gustoso ed equilibrato, con gradevole finale leggermente amaricante. Tornando ai Chianti Classico di Ruffino la degustazione ha denunciato come questi siano uno stereotipo per la denominazione. Parola che a volte è quasi sinonimo di banalità, ma che qui si veste di importanza per interpretare il valore di un modello di riconoscibilità per i vini del Chianti Classico.

BRUNO FULCO