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TRANSNISTRIA, L’ULTIMA REPUBBLICA POST-SOVIETICA SI APRE ALL’UE: ANCHE LO SPORT ENTRA NEL NUOVO CLIMA DI DISTENSIONE CON LA VICINA MOLDOVA

"Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d’avere: l’estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t’aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti".

Italo Calvino, Le Città Invisibili 1972

La Transnistria (in russo PMR, (Pridnestrovkaja Moldavskaja Respublika), viene ancor oggi connotata dai media occidentali come la repubblica che non esiste, la repubblica ‘de facto, non de iure’, e forse, anche per questo, non cessa mai di far parlare di sé. Ogniqualvolta si attraversa questa piccola entità territoriale di poco più di 3500 chilometri quadrati (pari alla superficie della nostra Valle d’Aosta) e con una popolazione di più di mezzo milione di abitanti (più o meno quella della città di Genova), il dubbio che si ha è questo: abbiamo di fronte un paese ancora in preda a rigurgiti di socialismo reale in linea con le prerogative dell’ultima repubblica post-sovietica, oppure più semplicemente ancora posseduto da un sentimento nostalgico che non vuole staccarsi dal suo passato, imbevuto di un’icografia che la fa apparire un museo a cielo aperto? Per chi la visita per la prima volta, la Transnistria esprime un suo fascino dirompente perché appare come uno degli ultimi pezzi di Unione Sovietica rimasti cent’anni dopo la rivoluzione, con la sua architettura un po’ opprimente congelata nel tempo non per ideologia, ma semplicemente per mancanza di risorse neppure sufficienti per intraprendere una qualche ristrutturazione in ambito statale. Vero è che ci troviamo davanti a due situazioni contrapposte: da una parte le pulsioni di questo piccolo stato nel volersi aprire all’economia di mercato, e dall’altra rinunciare almeno in parte al legame finora esclusivo con la madre Russia. Beninteso, si tratta sempre di amore privilegiato con Mosca che continua a fornire aiuti economici e a garantire la sopravvivenza della piccola repubblica. Ma oggi c’è tanta voglia di acquisire una propria identità e indipendenza economica.

Foto n,1 - La Transnistria ha una popolazione di poco più di 500 mila abitanti (circa la popolazione di Genova), con un territorio che è 7 volte più piccolo della vicina Moldova. Più del 65% sono slavi (russi e ucraini), 30% moldavi. A destra: la citta di Bender, a 12 km dalla capitale Tiraspol (150 mila abitanti) e l’emblema del Paese (PMR: Pridnestrovkaja Moldavskaja Respublika)

Il Mar Nero è oggi uno dei punti sensibili degli equilibri geopolitici. Dopo più di 25 anni di rapporto congelato tra Moldova e Transnistria qualcosa di nuovo e più rasserenante, sembra profilarsi all’orizzonte. L’impressione che si ha non da semplici viaggiatori ma da soggetti che là vivono per lungo tempo è che la Transnistria abbia superato la fase critica di ‘repubblica fantasma’ come viene dipinta ancora da una certa stampa occidentale proprio per il mancato riconoscimento in ambito internazionale, e stia a poco a poco trasformandosi in una consolidata entità politica dopo la secessione dalla Moldova consumata nel lontano 1991. Transnistria e Gagauzia – un’altra enclave russofona nel meridione della Moldova – aderiscono con Abkhazia e Ossezia del Sud alla ristretta cerchia degli stati ‘de facto’, ovvero entità politiche che hanno raggiunto una duratura sovranità interna, ma prive di sovranità esterna nel sistema internazionale. La Transnistria ha conosciuto nel periodo di presidenza (30 dicembre 2011 – 16 dicembre 2016) di Evgenij Shevchuk subentrato dopo 20 anni a Igor Smirnov, considerato il pater patriae, il quinquennio più doloroso sotto l’aspetto economico della sua travagliata storia. La situazione economica in Russia, notevolmente peggiorata dopo le sanzioni contro Mosca introdotte dall’Occidente per il sostegno ai ribelli in Donbas, si è riverberata drammaticamente sulla fragile economia della Transnistria che sopravvive grazie al sostegno di Mosca. La recessione ulteriormente accelerata dalla diminuzione su scala mondiale dei prezzi del petrolio, la svalutazione del rublo e il divieto russo sulle importazioni di prodotti alimentari dagli US e l’UE, hanno aggravato di riflesso la crisi nel piccolo Paese. Un chiaro segnale di questa delicata situazione economica, era venuta dalla decisione delle autorità locali di ridurre a partire dal 1° marzo 2015 gli stipendi (in media non più di 200 euro) e le già misere pensioni (l’equivalente in media di poco più di 100 euro) del 30 per cento. La morsa della grave crisi economica e il tentativo di ridurre l’onnipotenza dell’azienda Sheriff, ha giocato un brutto scherzo a Shevchuk al quale a fine mandato è stato preferito Vadim Krasnoselskii, un uomo del partito 'Rinnovamento' (Obnovleniye), molto vicino all’azienda che domina l’economia transnistriana con un vero e proprio monopolio, dai supermercati alle pompe di benzina, dalle concessionarie di macchine europee (come la Mercedes) fino ai telefonini e ai canali televisivi.

Se il vento che soffiava sulla PMR fino a qualche tempo fa era il buran siberiano, perché allora i venti sono cambiati? Il paese sembra veleggiare ormai stabilmente verso l’economia di mercato che sta soppiantando a poco a poco il sentimento nostalgico per il passato, dove il privato si affianca allo Stato, e gradualmente lo sostituisce trasformando quella che è considerata l’ultima oasi del leninismo. Pecunia non olet, i soldi sono soldi, recitavano i nostri padri latini e dobbiamo oggi fare i conti con un paese capitalista semplicemente perché i molti poveri sono davvero poveri e i pochi ricchi sono veramente ricchi. Per anni la Transnistria è stata indicata come il black hole, buco nero, d’Europa, un mercato illecito di commercio specialmente di armi (ci sono fabbriche di epoca sovietica che sopravvivano) e di riciclaggio di denaro.

Foto n.2 – La Transnistria, una repubblica invisibile congelata nel passato della ‘Grande madre Russia’

Come si è arrivati a questa nuova prospettiva? La povera Transnistria non è la grande e strategica Crimea e Mosca non è intenzionata a creare una seconda Crimea riconoscendone l’indipendenza e per di più sta lesinando quegli aiuti annuali che hanno permesso al piccolo stato di sopravvivere. Ecco perché negli ultimi due anni c’è stato un sostanziale riavvicinamento alla Moldova per motivi economici. Complice la situazione della guerra russo-ucraina e l’irrigidimento dei controlli doganali, i prodotti locali per poter essere venduti all’estero devono risultare moldavi. E quando si parla di sopravvivenza certi deliri nostalgici del passato sono destinati a tramontare. All’inizio del 2016 il governo della Transnistria ha accettato di entrare nella zona di libero scambio tra Moldavia e UE.Secondo il New Eastern Europe, nel 2014 curiosamente, quasi il 50% dell’export era diretto nella confinante Moldova, e il 30% verso i paesi UE. Con questi dati, la Commissione Europea ha potuto affermare che le economie di Transnistria e Moldavia sono sostanzialmente una sola e dal primo gennaio 2016, Tiraspol è pertanto entrata a far parte della DCFTA (Deep and Comprehensive Free Trade Area) tra UE e Moldavia.

Foto n.3 – la statua di Lenin nella piazza principale di Tiraspol

E’ paradossale che la vittoria diplomatica dell’ex presidente Evgeny Shevchuk dovuta alla ratifica a sorpresa del DCFTA non gli è valsa la riconferma delle elezioni presidenziali mentre ha significato la definitiva accettazione della dipendenza economica dal mercato UE per la piccola repubblica che è così entrata nell’accordo di libero scambio con Bruxelles. Al di là dei vincoli giuridico-legislativi che tale accordo comporta, il nuovo corso ha anche una forte valenza geopolitica: equivale ad avvicinare all’Europa una repubblica filorussa, che si vede costretta ad abbattere alcune barriere anche con il governo moldavo, l’unico interlocutore legittimo agli occhi della Commissione. Riconciliazione tra Chisinau e Tiraspol? Troppo presto per dirlo. Quel che è certo è che per l’UE deve essere preservata l’integrità territoriale della Moldavia, non lasciando alcun spazio alla secessione. E che si tratti di una mossa strategica di Bruxelles lo si può valutare dai risultati che vedono nel primo trimestre dall’entrata in vigore dell’accordo, l’export della Transnistria verso i paesi UE quasi raddoppiato. E non solo. Utilizzando gli incentivi economici, si tiene ancorata la Transnistria al blocco politico-economico dell’UE, venendo a contrastare in tal modo i fiorenti quanto discutibili traffici spesso gestiti dalla potente e onnipresente compagnia Sheriff che molto ha influito sulla mancata riconferma di Shevchuk.

Foto n.4- La fortezza di Tighina, oggi Bender, conglobata nella Transnistria dopo la guerra di secessione del 1992, conquistata nel 1538 dai turchi di Solimano il Magnifico che la ricostruì. Nella fortezza sono conservati memorie della dominazione turca con l’effigie della moglie (Roxolana) e manichini di giannizzeri, guardia privata del sultano ottomano. Bender è un’anomalia in quanto rimane nella parte destra del Nistro, territorio della repubblica di Moldova.

La DCFTA viene considerata da molti osservatori come un potente strumento di riconciliazione tra due repubbliche che si guardano in cagnesco da un quarto di secolo. La molla del riscatto da uno stato endemico di debolezza economica ha convinto i vertici di Tiraspol ad intraprendere l’unica strada percorribile rimasta aperta per scongiurare il collasso economico, una strada che ha avuto l’assenso di Mosca. Da una parte c’è l’ammissione implicita di Mosca sulla necessità che la repubblica separatista debba camminare da sola senza le stampelle della Russia facendo a meno con gradualità dei suoi aiuti economici. Dall’altra la ratifica dell’accordo commerciale con il nulla osta del Cremlino sottintende la volontà non più tanto nascosta di sostenere la proposta di una federalizzazione del Paese dove la Transnistria godrebbe di uno statuto speciale, o di una larga autonomia più o meno come quello concessa alla Gagauzia. Sembra proprio un ritorno al piano Kozak proposto da Mosca nel 2003, un memorandum volto a creare una federazione tra le due entità e che all’ultimo momento l’allora presidente moldavo Vladimir Voronin, leader tra l’altro del partito comunista, si rifiutò di firmare per non compromettere quelli che erano ritenuti essere gli interessi nazionali. Anche il neo-letto presidente della Moldova, Igor Dodon, leader del partito socialista molto vicino a Mosca, ha ribadito la convinzione che l’unica strada per smorzare il dissenso tra Moldova e Transnistria sia la soluzione della federazione enunciata dal famoso protocollo di 15 anni fa. Pochi mesi fa, Il presidente Dodon della Moldova, leader del partito socialista filorusso, ha detto in una riunione con la stampa locale che l'indipendenza della Transnistria sicuramente non può essere accettato dalla leadership moldava e dalla maggioranza dei cittadini. Lo riferisce l'agenzia d'informazione "Ipn Moldova". Se Vadim Krasnoselskii, presidente transnistriano, parla di indipendenza, sicuramente questo non solo è inaccettabile dalla Moldova ma anche da tutti coloro che sono coinvolti nel formato "5+2" (US- Russia-UE- Ucraina- OCSE + Moldova-Transnistria) e la stessa Russia dichiara a tutte le riunioni che la Transnistria è parte della Moldova. Il presidente moldavo ha aggiunto che molti abitanti della Transnistria vogliono la riunificazione e che questo gli è stato confermato di recente durante un viaggio che ha fatto a Dubasari, una città della Transnistria. Quindi niente appoggio del Cremlino per l’indipendenza ma per una patto federativo che preveda uno statuto speciale per la PMR all’interno di una confederazione che comprenda anche la Gagauzia, la piccola enclave della Moldova popolata da turchi convertiti alla religione ortodossa e vicini a Mosca.

Foto n.5:  Il moderno stadio della squadra Sheriff Tiraspol che milita in Divizia Nationala (Divisione Nazionale), che ha vinto ben 17 campionati nazionali. Nel riquadro, le celebri cantine del brandy Kvint fondate a Tiraspol nel 1897, 120 anni fa, il vero fiore all’occhiello dell’industria transnistriana dei liquori.

5 anni fa – il 13 novembre 2012, Dmitri Rogozin, vice premier russo, rappresentante di Putin per la Transnistria, aveva presentato una nuova proposta di federalizzazione, già discussa ed accettata dalla leadership di Tiraspol, che riprende il piano Kozak del 2003. I punti principali di questa proposta sono uno statuto speciale per la regione transnistriana dove: (i) la Transnistria sarà rappresentata al 20% all'interno del nuovo Parlamento Federale; (ii) Tiraspol continuerà ad avere un suo governo locale ed un legislativo proprio; (iii) una poltrona di vice Premier Federale spetterà ad un rappresentante della Transnistria; (iv) il Leu Moldavo (MDL) circolerà anche nella regione transnistriana e per un certo periodo sarà affiancato dal rublo transnistriano che gradualmente sarà ritirato; (v) la Moldova Federale continuerà ad essere uno stato neutrale (NO Nato...); (vi) l'esercito moldavo sarà uno solo, in cui confluiranno parte delle attuali milizie transnistriane.
Ultimo ma non meno importante nell’avvicinamento delle due sponde del Nistro, è il fattore sport. Può sembrare ininfluente quest’aspetto in un quadro complesso come quello del piccolo paese dove esiste una triplice frontiera (quella della Moldova, del contingente dei peacekeepers russi e poi quella della PMR) ma lo sport ha un linguaggio universale e attira interessi variegati cooperando a rendere visibile tra l’altro la Transnistria sulle carte geografiche. La squadra di calcio, lo Sheriff Tiraspol, una delle tante emanazioni della galassia Sheriff, con 17 campionati vinti, dei quali 10 consecutivi vinti tra il 2000 e il 2009, e tanti altri titoli, è il club più blasonato del calcio moldavo, milita in Divizia Națională favorendo l’avvicinamento tra i molti tifosi delle due repubbliche e disputa oggi con successo anche i gironi di Europa League in un modernissimo impianto che farebbe invidia ad una qualsiasi squadra di serie A: 13.500 posti tutti a sedere all’interno di un complesso sportivo costituito da 8 campi di allenamento, appartamenti, hotel a 5 stelle, campus per i ragazzi delle giovanili. C’è molto dell’ Italia nei successi della squadra in quanto l’allenatore del team è Roberto Bordin. Dopo i successi di Conte in Inghilterra, Ancelotti in Germania e Carrera in Russia, arrivano anche quelli di Bordin alla guida di Sheriff Tiraspol che dichiara a Eurosport: "La nostra scuola funziona così bene all'estero perché si basa su professionalità e professionismo".

Oggi nessun moldavo della riva destra del Nistro si sognerebbe di affermare, come fino a poco tempo fa, che l’unica cosa buona della riva sinistra del fiume è il famoso brandy Kvint, invecchiato da 3 a 50 anni nelle distillerie di Tiraspol fondate nel 1897 (120 anni fa), sullo stile comune a tutte le fabbriche ex sovietiche di questo prodotto. L'acronimo della parola KVINT deriva dalle prime lettere della frase russa "Kon’iaki, Vina i Napitki Tiraspol’ia" cioe' "grappe, vini e bevande di Tiraspol". In queste aree la coltivazione dell’uva è favorita dalla vicinanza col Mar Nero, come nella vicina regione di Odessa.

In buona sostanza, i segnali di distensione sono oggi sotto gli occhi di tutti, un promettente viatico per la strada verso la rappacificazione delle due sponde del Nistro, auspicata dopo un quarto di secolo anche da chi, come straniero che qui scrive, si trova a vivere per lunghi periodi, in questo travagliato territorio.

‘….Parlo di stati d’animo, percezioni traducibili in una sorta di condizionamento affettivo per questa terra che nei miei auspici avrà un futuro migliore non lontano, quando dalle due sponde del Nistro, uomini nuovi sapranno finalmente trovare una soluzione condivisa del conflitto tra le due repubbliche moldave.’ Questa è la chiusura del mio libro Transnistria, il coccodrillo sul Nistro, Chisinau, 2012, pp.198, ISBN 9978-9975-4259-5-7

Foto n.6- il frontespizio del libro ‘Transnistria, il coccodrillo sul Nistro’, Chisinau, 2012

di Giordano Cevolani