Meteoriti

Il volume analizza le possibili cause dell’origine della vita ripercorrendone le due principali correnti di pensiero, divise nell’ipotesi terrestre (o endogena) e nell’ipotesi extraterrestre (o esogena) e soffermandosi su quest’ultima, di cui le meteoriti e le comete sono gli attori principali. Nella grande varietà dei composti organici estratti dai corpi celesti, quelli di maggior interesse esobiologico sono gli aminoacidi di alcune condriti carbonacee–Murchison e quelle incontaminate del gruppo–Renazzo rinvenute in Antartide. Una risposta alla soluzione del mistero dell’origine della vita, che chiama in causa l’omochiralità, potrebbe venire dall’analisi del materiale cosmico incontaminato e dalla biologia dei laghi subglaciali in Antartide, nonché dalla biologia quantistica con il supporto della fisica dei quanti. 

pagine:

264

formato:

digitale

ISBN:

978-88-255-0596-2

data pubblicazione:

Agosto 2017

editore:

Aracne

collana:

Terra fluida e dintorni | 5

Giordano Cevolani è laureato in Fisica ed è dirigente di ricerca. È stato responsabile per molti anni dell’Area della Ricerca del CNR a Bologna. Geofisico e planetologo dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, ha partecipato alle ricerche in Antartide. Nel 1996 gli hanno dedicato un asteroide (6069 Cevolani) per gli studi sull’atmosfera terrestre e sull’astronomia del sistema solare. Ha al suo attivo più di 200 pubblicazioni ed è autore di saggi scientifici.

/ Piero Bianucci

Molecole organiche ‘mancine’ nel nostro DNA

Il libro ‘Meteoriti, messaggeri di vita’ si occupa di “cose” che dallo spazio vengono a trovarci sulla Terra: polveri cosmiche, meteoriti microscopiche e meteoriti più o meno massicce. Ce ne parla Giordano Cevolani, già direttore dell’Area di ricerca del CNR di Bologna, tra i maggiori esperti italiani in questo settore dell’astronomia. Ma ce ne parla da un punto di vista speciale. La domanda è: può la vita essere arrivata sulla Terra con polveri e sassi spaziali? O almeno: questi visitatori cosmici che sul nostro pianeta si depositano ora dolcemente (le polveri) ora violentemente (le meteoriti) possono aver contribuito alla comparsa della vita?

Il problema è che come sia nata la vita non lo sappiamo. Sappiamo che oggi il processo che porta la materia inanimata a organizzarsi in strutture capaci di nutrirsi e riprodursi (definizione minimalista della vita) sulla Terra non avviene più. Sappiamo tuttavia che abitano la Terra più di due milioni di specie viventi in costante evoluzione, da batteri relativamente semplici e creature complesse come Homo sapiens. E sappiamo – cosa straordinaria e sorprendente – che tutti questi organismi tramandano il proprio “progetto di costruzione” scrivendolo sulla stessa molecola: il DNA, acido desossiribonucleico. E’ la dimostrazione che nella notte dei tempi c’è un unico antenato, ora chiamato familiarmente LUCA, che non è il nome di uno degli evangelisti ma la sigla di Last Universal Common Ancestor, ultimo antenato comune universale, vissuto intorno a 3,8 miliardi di anni fa, quando la Terra esisteva soltanto da 700 milioni di anni. Qui però sbattiamo contro il muro della nostra ignoranza. Il problema si è solo spostato: LUCA fu il prodotto di fortunate e irripetibili circostanze terrestri o un “visitatore” del tutto o in parte venuto dagli spazi cosmici?

La cosa interessante – riferisce Cevolani – è che, al netto di contaminazioni sempre in agguato, amminoacidi sono stati trovati anche in alcune meteoriti. Ciò significa due cose, una certa e una possibile. Quella certa è che molecole discretamente complesse possono formarsi in regioni remote dell’universo (sono un centinaio le molecole riconosciute in nebulose interstellari) e arrivare integre fino a noi. Quella possibile è che il materiale cosmico può aver contribuito all’ambiente pre-biologico terrestre, o addirittura aver importato la vita sotto forma di “prodotto finito”, come sostengono i profeti della panspermia, tra i quali si arruolò pure Francis Crick, uno degli scopritori della doppia elica del DNA.

C’è poi un particolare curioso e cruciale su cui Cevolani attira l’attenzione, ed è la chiralità delle molecole della vita. In natura alcune molecole hanno esattamente la stessa composizione e struttura ma non sono identiche: l’una è il riflesso speculare dell’altra. Come le nostre mani (keir, donde chiralità, in greco significa mano): la destra e la sinistra sono uguali, eppure non sono sovrapponibili, ed è forse per questo che in molti personaggi della politica e dell’economia “la destra non sa ciò fa la sinistra”. Battute a parte, le proprietà biochimiche di una molecola possono risultare molto diverse a seconda della loro chiralità, cioè a seconda che siano levogire o destrogire rispetto alla polarizzazione della luce. Per esempio abbiamo molecole che con una data chiralità sentiamo come dolci e con chiralità opposta risultano insapori. La chiralità influenza il modo della molecola di interagire con la luce agendo sulla polarizzazione, o la temperatura di fusione della sostanza, etc..

Il fatto meraviglioso è che le molecole della vita, dagli amminoacidi al DNA, sono nella quasi totalità dei casi levogire. Molecole levogire si trovano anche sparse nello spazio. Il che non vuole dire che l’universo sia di sinistra… ce ne sono altrettante destrogire. Certo scoprire nel cosmo amminoacidi levogiri come quelli del nostro organismo fa un certo effetto.

Joan Dreiling e Timothy Gay sono due fisici della University of Nebraska-Lincoln negli Stati Uniti. Nel settembre del 2014 hanno pubblicato sulla rivista Physical Review Letters un articolo in cui riferiscono i risultati di un loro esperimento concepito per capire meglio come mai la vita abbia scelto di essere mancina, preferendo le molecole levogire. Per la prima volta in un laboratorio è stato riprodotto il meccanismo con cui un fenomeno che si manifesta regolarmente in natura, l’emissione di radiazioni beta (flussi di elettroni), potrebbe interagire in modo selettivo con una delle due immagini speculari di una stessa molecola, facendola prevalere l’altra. Se questo processo di selezione fosse avvenuto nel “brodo primordiale”, circa quattro miliardi di anni fa, si spiegherebbe tutto. Avendo a disposizione soltanto (o prevalentemente) molecole levogire, la vita non avrebbe avuto scelta: per forza doveva nascere ed evolversi utilizzando esclusivamente una delle due forme speculari possibili. Sorgenti cosmiche di ogni tipo di radiazione – particellare ed elettromagnetica – non mancano. L’enigma dell’asimmetria della vita sarebbe dunque spiegato. O quanto meno spiegabile.

Nel saggio scritto per “Prometeo”, Levi spiega con la sua straordinaria nitidezza di pensiero e di linguaggio che in natura cancellare l’asimmetria è una strada che “…energeticamente va all’in giù. Fuori dell’organismo vivo, l’asimmetria è fragile: basta un riscaldamento prolungato, o il contatto con determinate sostanze ad azione catalitica, per distruggerla”. In altre parole, dal punto di vista chimico, la vita è intrinsecamente improbabile. E conclude, riprendendo una notizia che nel 1984 era freschissima: “Sono otticamente attivi gli amminoacidi che pare siano stati trovati nei meteoriti? Qualcuno ha provato a condurre sotto un campo magnetico la sintesi di una molecola asimmetrica che contenga ferro? A me la notizia della chiralità dell’universo, o solo della nostra galassia, è apparsa sconvolgente, insieme drammatica ed enigmatica: ha un senso? E se sì, quale? Quanto lontano porta? Non è un gioco di dadi, quello stesso che Einstein rifiutava di attribuire a Dio?”.

Quando Primo Levi scriveva, non si conosceva neppure un pianeta di altre stelle, mentre era già chiaro che nel sistema solare vita evoluta esiste solo sulla Terra. Il primo esopianeta fu scoperto otto anni dopo la scomparsa di Primo Levi. Oggi gli esopianeti noti sono quasi cinquemila. Il paesaggio mentale si è enormemente allargato. Era provinciale la nostra idea di sistema planetario e di pianeta. Ciò dovrebbe insegnarci a non essere provinciali in chimica e nella nostra idea di vita. L’astrobiologia, o bioastronomia, sono scienze nascenti, ancora immature. Il libro di Cevolani segna bene il punto di partenza per andare alla scoperta dell’ignoto.

Piero Bianucci

scrittore e giornalista scientifico

editorialista a “La Stampa”

curatore del mensile “BBC Scienze

Torino, 2 ottobre 2017