La nuova stagione romana di Go Wine ha avuto inizio anche quest’anno all’Hotel Savoy con tante Cantine intervenute a salutare l’inizio delle attività dopo la pausa estiva. La degustazione scelta per l’appuntamento inaugurale è ormai un format classico dell’associazione, che si ripete da anni in diverse città italiane. Con il titolo di “Buono non lo conoscevo”, Go Wine evidenzia il valore del vigneto italiano così unico nel suo genere. La realtà del panorama ampelografico nazionale è infatti irripetibile altrove.

Mentre tutte le altre nazioni padroneggiano, anche ad altissimi livelli, un ristretto numero di vitigni, in Italia il numero delle varietà coltivate è talmente ampio da regalare sempre continue sorprese agli appassionati. In questo paese che è un po’ il parco giochi dell’enogastronomia, ogni territorio è una giostra diversa. Parlare di “cucina Italiana” è quasi un termine improprio, viste le tante tipicità che sanno regalare realtà gastronomiche totalmente differenti tra una regione e l’altra. Il vino segue lo stesso percorso, ed ogni territorio mette in evidenza i suoi vitigni autoctoni dichiarando diverse tradizioni, abitudini e metodologie di lavoro.

Le particolarità del rapporto dell’uomo col suo territorio trovano nel vino un veicolo di confronto e di scambio. Un ponte culturale tra le diverse comunità. Se questo è vero anche per altri paesi bisogna però sottolineare che in Italia, tranne rare eccezioni, la viticultura è diffusa pressoché ovunque da sud a nord, rendendo più evidente la sua presenza in ogni ambito. Purtroppo lo sbilanciamento delle dinamiche distributive, fortemente orientate sui mercati territoriali, fa si che alcuni vitigni siano difficilmente reperibili lontano dal loro areale di produzione. Il senso della degustazione di Go Wine era proprio quello di superare questo aspetto, per permettere di fare la conoscenza anche con vitigni mai assaggiati.

Più di 20 le aziende presenti con oltre 50 vitigni rappresentati. Tante occasione per degustare vini inusuali per il territorio romano ed alcune gradite sorprese. Tra queste senz’altro il Consorzio Vini Mantovani, che ha presentato per lo più Lambrusco, un vitigno il cui appeal è stato praticamente distrutto dalle politiche della Gdo. Di varietà diverse dai più famosi cugini Emiliani, sono risultati estremamente piacevoli. Una bevuta poco impegnativa e di basso tenore alcolico, estremamente gustosa e priva di declinazioni stucchevoli. In particolare la versione di Cantina Quistello, 80 Vendemmie, che invoglia al sorso compulsivo in compagnia.

Da nord a sud in ordine sparso, molto gradevole il Trebbianeo Spoletino dell’Azienda Antonelli e lo Schioppettino dell’Azienda Friulana La Viarte. Dalle Marche la Lacrima di Morro D’Alba dell’Azienda Buscareto, etichetta accattivante e vino dotato di grande ricchezza floreale. Esuberante ma non eccessivo, probabilmente tra i pochi rossi adatti all’abbinamento con la cucina asiatica. Altro vitigno sconosciuto ai più la Tintilia del Molise, che negli ultimi anni sta facendo parlare di se grazie all’ottimo lavoro di un gruppo di produttori. Uno di questi è Claudio Cipressi che con il suo Macchiarossa ha già ottenuto diversi riconoscimenti. Vino che rimane in memoria olfattiva grazie ai suoi delicati toni speziati e agli accenni balsamici.

Da Isera in provincia di Trento l’Azienda De Terzcal ha proposto il Marzemino, di antica tradizione locale e già citato da Mozart nel suo “Don Giovanni”. Piccoli frutti rossi, viole e piacevole accenno di pepe per un vino di grande versatilità. Anche il Lazio ha messo la sua firma con la Società Agricola Emme Vigneti Berucci, di Piglio nel Frusinate. Anche questo territorio si sta segnalando per la crescita complessiva della qualità dei suoi vini, che hanno già iniziato a riscuotere positivi riscontri di critica. Ne è dimostrazione il Cesanese del Piglio Riserva, in cui il vitigno finalmente comincia ad esprimersi in un percorso di eleganza che è pienamente nel suo potenziale.

Dalla stessa regione Casa Divina Provvidenza nel territorio di Nettuno, che distende le sue vigne a piede franco a due passi dal mare. Al Vinitaly 2017, il suo Neroniano Cacchione Doc Riserva è stato valutato nella concorso 5 Star Wines con 90 punti, guadagnandosi un posto nella selezione dei migliori 50 vini. Niente male per lo spesso bistrattato Cacchione, qui vinificato anche con un uso attento di legno piccolo, per aggiungere eleganza al vino senza marcarlo. In questo caso “buono non lo conoscevo” calza a pennello.

L’Aglianico altro vitigno bistrattato dalle logiche di mercato, dimostra in pieno tutto il suo valore nei vini di Tenuta I Gelsi, di Rionero in Vulture nel Potentino. Territorio vulcanico che esalta le qualità del vitigno. Tannino morbido e sorso pieno di frutto maturo, potenza in equilibrio e lunghezza finale. Tra i banchi d’assaggio anche “volti noti”, come Tenuta Mazzolino nell’Oltrepò Pavese che da anni produce grandi Pinot Nero, oppure La Bioca di Serralunga d’Alba. Azienda piccola, ma con i vigneti nei territori tra i più vocati per il Nebbiolo che qui si esprime alti livelli. La prima degustazione di Go Wine dopo la pausa estiva lascia presagire una nuova stagione di interessanti appuntamenti.