Se Trump pensa che la Cina possa risolvere definitivamente la questione nordcoreana, fa un sogno ingannatore.

Formalmente Pechino alza la voce ad ogni sparata del giovane satrapo, Kim Jung-un, che mette tensione nel mondo intero, ma nella pratica poco fa per arrestare la corsa all´armamento atomico del tanto discusso vicino di casa, tranne qualche timido passo, quale ll recente ordine di smantellamento delle fabbriche nordcoreane dal territorio cinese entro 120 giorni a partire dall´11 settembre scorso, data in cui è stata emessa la Risoluzione n. 2.375 del Consiglio di Sicurezza ONU e, aggiungeremmo, data simbolica degli attentati al World Trade Center nonché al Pentagono.

Corsa all´atomica, quella della Corea del Nord, iniziata sessanta anni fa ed oggi, secondo l´intelligence Usa, arrivata sorprendentemente alla miniaturizzazione della testata nucleare.

Se l'indiscrezione risulterà veritiera, e nulla fa pensare il contrario, si tratterà di un considerevole successo per Pyongyang che, in soli 11 anni dal primo test effettuato il 9 ottobre 2006, è riuscita a produrre un missile balistico intercontinentale (comunemente detto ICBM, acronimo dell'espressione inglese Intercontinental Ballistic Missile) con oltre 10.000 km di gittata in grado di trasportare una testata atomica.

Recentemente, durante l´Assembea Generale dell´ONU, Trump ha dichiarato che avrebbe annientato la Corea del nord nel caso in cui fosse necessario difendere i propri interessi e quelli dei suoi alleati dalle aggressioni di quest´ultima e, così facendo, la tensione tra i due Paesi si è accentuata al punto da creare forte preoccupazione nell´area interessata e non solo. 

L´extrema ratio trumpiana, però, è chiaro, comporterebbe un sacrificio inestimabile di vite umane e danni materiali incalcolabili.

Ciò stante, le possibili soluzioni alla crisi in questione si restringono, oramai, a due:

1ª - Accettare la nuova potenza atomica e convivere con essa;

2ª - Delegare la Cina a pressionare con determinazione sia economicamente che politicamente la Corea del Nord ad interrompere la corsa agli armamenti, in atto.

Questa seconda opzione, ad un occhio attento, lascia, però, il tempo che trova.

Infatti, la Cina non va oltre la retorica e non farà diversamente per una serie di propri buoni motivi.

Essi sono:

- Un forte giro di vite all´economia della RPCN porterebbe al collasso il regime di Kim Jong-un con conseguente esodo di migliaia di nordcoreani verso la provincia cinese di Liaoning, sita alla frontiera dei due Paesi. Detta provincia non sopporterebbe il peso di un´immigrazione di massa, essendo un territorio il cui PIB nel 2016 ha registrato, contrariando la media nazionale, un abbassamento del 2,2%. Inoltre, la RPDC è un´ ottima partner commerciale della Cina, da cui acquista il 90% del petrolio necessario al fabbisogno nazionale e il 92% dei prodotti alimentari (cereali in testa).

- Politicamente, la Cina ha tutto l´interesse a mantenere la situazione di instabilità creata dalla Corea del Nord nel Sud Est asiatico; in occasione dei lanci missilistiti nordcoreani; le borse di Pyongyang e di Tokio hanno registrato costanti ribassi, a tutto vantaggio dell´economia cinese, che vede aumentare in futuro questo vantaggio con il consolidamento della RPDC come potenza nucleare.

- Ultimo e non trascurabile punto è costituito dal fatto che un collasso del regime di Kim Jung-un aprirebbe la strada alla riunificazione delle due Coree, ultimo retaggio degli equilibri derivati dalla fine della seconda guerra mondiale e ciò comporterebbe la presenza delle forze americane, per la prima volta, ai confini del territorio cinese (nonché a soli 800 Km da Pechino) per la cui difesa si dovrebbero investire milioni di dollari , in un´economia che già destina oltre 200 bilioni alle spese militari che, peraltro, presentano una previsione di crescita superiore a quella del PIB annuo.

Concludendo, la Cina, pressionata dai Paesi economicamente forti e dall´ONU, potrebbe, tuttalpiù, decidersi di fragilizzare il regime di Kim con determinate misure economiche, ma non al punto di soffocarlo completamente e ciò con un duplice scopo: dimostrare al mondo la propria collaborazione nell´accogliere parte di dette pressioni e tenere convenientemente in ostaggio il leader coreano. Ergo, stando così le cose e considerando, altresì, che la Cina non permetterebbe, in nessun caso, una guerra, convenzionale o non, nella penisola coreana, dovremo probabilmente accettare una Corea del Nord come nuova potenza nucleare e chiuso il discorso.

A questo punto, però, è bene esaminare distaccati da qualsiasi animo di partigianeria pregiudiziale questa nuova situazione. Pertanto, se essa, da un lato, provoca l´ira, in modo particolare, degli USA, che si sentono minacciati militarmente da un piccolo Stato e che si vedono costretti a spendere e far spendere agli alleati dell´area estremorientale milioni di dollari per rafforzare le difese anti missilistiche, dall´altro, rappresenta per la RPDC, secondo alcuni politologi, un legittimo diritto all´autodifesa (n.d.r. però, con le dovute riserve dovute all´imprevedibile carattere di Kim Jung-un).

L’Accademia della Difesa della Corea del Nord ha, infatti, dichiarato dopo l´ultimo test di essere finalmente in possesso del missile balistico intercontinentale, che porrà fine alle minacce nucleari degli USA e che esso rappresenta una misura di legittima e giustificata autodifesa atta a proteggere la sovranità e il diritto all’esistenza del proprio paese e della nazione.

Il comunicato nordcoreano, emesso dopo la decisione delle nuove sanzioni da parte dell´ONU , ha poi posto l´accento sul particolare che nessun articolo o disposizione dello Statuto dell’ONU e delle altre leggi internazionali stabilisce che i test nucleari o il lancio di missili balistici siano una minaccia per la pace e la sicurezza internazionale.

“Se qualcuno dovesse mai essere sottoposto a sanzioni per la realizzazione di test nucleari, prima di chiunque altro, dovrebbero essere quei Paesi che fino ad oggi hanno realizzato la maggior parte dei test nucleari e dei lanci di missili balistici”, conclude la nota.

Per complicare ancor di più questa già complessa situazione, entra in ballo "Khorramshahr", il nuovo missile balistico iraniano, testato pochi giorni fa per la prima volta con un lancio perfettamente riuscito. Anche in questo caso, Il test sembra più che altro una risposta al presidente USA, Donald Trump, che ha rimesso in discussione l'accordo sul nucleare con Teheran, imponendo nuove sanzioni all'Iran proprio per via del suo programma missilistico.

In realtà, il programma balistico iraniano preoccupa e non poco oltreché gli USA , l'Arabia Saudita, antagonista politico-religiosa regionale dell´Iran, alcuni Paesi europei che vanno a traino degli americani, e naturalmente Israele, il nemico di sempre degli Ayatollah.

Molta carne al fuoco? Sì, è vero; Corea del Nord, Siria, Iran, Irak, queste le principali "zone calde" del pianeta e in alcune di esse appare un comune denominatore; l´equilibrio delle forze, non certamente quello cui si riferiscono l´insegnamento e l´esperienza politica di Pitagora, ma, nel nostro caso, delle forze militari.

Il mondo è in continuo cambiamento; Paesi deboli diventano forti e viceversa. Piaccia o no, ne dobbiamo tenere conto, ma ne dovrebbero tenere conto, ancor di più, i sedicenti “Guardiani” dell´ordine mondiale, refrattari ai cambiamenti, particolarmente quelli in peius per loro, che non si rassegnano a cedere il passo a nuovi modelli geopolitici, scaturienti dall´avvenuto riassetto delle forze in campo. “Il Mondo Cambia”, Signori della Guerra o forse la vecchia canzone di Renato Rascel non lo dice a chiare lettere?

G & G Arnò