Anche quest’anno la risposta del pubblico per IOVINO dimostra la riuscita della sua formula e l’attenzione crescente per la viticultura del centro sud. E’ già un appuntamento fisso per gli appassionati locali eppure IOVINO è la più giovane tra le manifestazioni dell’area romana. In questo senso il numero di presenze per la sua seconda edizione non lascia dubbi, persino di lunedì giornata lavorativa. Il motivo della riuscita probabilmente sta nella formula. Innanzi tutto la location, lo splendido borgo medievale di Ceri dove si svolge. Immerso nella campagna Romana in direzione nord a due passi dalla città, è spesso ignoto a molti abitanti della capitale.

Una piccola realtà perfettamente conservata e per nulla deturpata dai segni del vivere moderno. Il piccolo abitato si sviluppa attorno al Palazzo Torlonia sede della manifestazione. I banchi d’assaggio distribuiti su due sale, permettono il percorso tra i bellissimi giardini merlati ed affacciati sul verde circostante. I pavimenti e gli splendidi controsoffitti originali contribuiscono a creare un’atmosfera unica, dove degustare è veramente un piacere. Poi naturalmente ci sono loro, i protagonisti. I vini di Marche e Campania, che negli ultimi anni guadagnano sempre di più il gradimento dei consumatori. Si penserebbe esclusivamente a Verdicchio e Fiano ma non è assolutamente così. La rassegna figlia dell’omonima Associazione, organizzata e diretta da Manilo Frattari, già nel nome aiuta a dirimere ogni dubbio.

Con “Selezione da vitigno autoctono” infatti IOVINO pone l’accento sulla questione del territorio, dando spazio a tutte le diverse realtà che si sviluppano nelle due regioni. In questa direzione vanno anche i seminari di approfondimento di Aglianico e Montepulciano e l’incontro con Flavio Castaldo, autore di “Storie di Vini e di Vigne intorno al Vesuvio”. Ma a parlare sono stati soprattutto i vini e i loro produttori. Profondi conoscitori del loro ambiente, per mano dei quali i vitigni vengono accompagnati ad interpretare il territorio nella maniera migliore. La manifestazione, contenuta e focalizzata su determinate realtà, ha consentito anche ai meno esperti di approfondire l’argomento in maniera reale. Lontana anni luce da appuntamenti più caotici in location industriali, IOVINO ha regalato il piacere di dedicarsi e dedicare una giornata al vino.

Ogni assaggio ha rivelato una peculiarità e la disponibilità di ogni produttore nel mettere a disposizione di tutti anni di vendemmie e conoscenza del proprio ambiente. Altissima la qualità generale delle produzioni presenti, tutte accomunate dai numeri contenuti a garanzia della qualità. Punte di eccellenza assoluta con nomi già conosciuti, tante realtà diverse e autentiche sorprese. I vini di Marisa Cuomo, un’istituzione che da spazio ai vitigni recuperati dall’oblio e coltivati nelle meravigliose terrazze sul mare della Costiera Amalfitana. Lo splendido Fiano di Villa Diamante insieme ai vini di Cantine Lonardo, I Favati, Il Greco di Tufo di Sertura e di Tenuta Russo Bruno, la Coda di Volpe di La Cantina di Enza, Villa Raiano. Il Coda di Pecora de Il Verro e l’Aglianico Ion di Stefania Barbot, che raccoglie moltissimi fans e al quale ora sia affianca anche Fren prodotto da vigne di settant’anni.

La zona Marchigiana della degustazione ha riservato identiche gioie, dall’ottimo metodo classico di Broccanera alle conferme di Garofoli e Belisario. I vini di Marotti Campi e quelli di San Michele a Ripa che a Offida si dedica a Pecorino e Passerina. Ancora i Verdicchio di Casalfarneto , Vigna degli Estensi, Montecappone e i delicati toni di pepe nero di Lacus, Vernaccia di Serrapetrona prodotto da Podere sul Lago. Per la sorpresa autentica però bisogna tornare in terra Campana, più precisamente in quel di Bacoli zona Campi Flegrei. E’ qui che La Sibilla coltiva le sue vigne, distese su una lingua di terra circondata dal mare. La particolare collocazione insieme all’origine vulcanica del suolo danno origine a vini che definire sorprendenti non è esagerato.

Basta assaggiare La Cruna Delago, Falanghina di grandissima personalità che scavalcando il profilo tipico della sua tipologia rimanda ai toni quasi di idrocarburi con note fumè. Grande complessità, in cui la frutta arriva solamente dopo e senza esagerazione ribaltando completamente lo stereotipo del vitigno. Il territorio indagato da IOVINO è così ampio che è impossibile esplorarlo tutto con un palato consapevole. Per gli altri ci sarà spazio la prossima volta, in un appuntamento che ha tutte le carte in regola per diventare un classico nel nutrito ventaglio di degustazioni del maggio romano.