Dopo oltre 4 anni di “soggiorno” in India, Salvatore Girone, uno dei due marò italiani ingiustamente accusati dell´omicidio di due pescatori indiani, ritorna in Italia. Il collega Massimiliano Latorre, invece, era già rientrato prima per motivi di salute.

In realtà, potremmo difinire una lunga e triste vicenda quella dei nostri due marò (nel gergo della marina militare, marinaio) in India, se di mezzo non ci fossero stati tanti scandali causati da una disastrosa gestione della controversia giuridica insorta tra l´Italia e il governo del Kerala ( Stato dell´India autodefinitosi competente per territorio sul caso) prima, e quello di Nuova Delhi, dopo.

In casi del genere, né gli USA, né altri Stati meno poderosi avrebbero mai consegnato ad altri i loro militari e, particolarmente, a Paesi ove è prevista la pena di morte, in ipotesi, applicabile ai nostri marò.

Gli Stati Uniti e la Cina mandano subito a picco, senza preavvisi, le imbarcazioni sospettate di pirateria, noi, invece, non siamo capaci di proteggere i militari cui affidiamo la nostra sicurezza.

L´Italia non osa... cosa c´è sotto di tanto importante, più importante della vita degli stessi marò, che non permette di guastare i rapporti fra India e Italia, due Paesi tradizionalmente amici, di cui uno emergente e l´altro tramontante?

Allo stato, possiamo solo prendere atto delle fatture da capogiro e dei rimborsi spese da nababbo per il fior fiore degli avvocati indiani, che, però, in tutti questi anni non sono pervenuti a nessun risultato.

Si parla di una parcella di 5 milioni di dollari, usciti sostanzialmente dalle tasche dei contribuenti italiani, anche se formalmente detto costo è stato suddiviso fra il Ministero della Difesa e quello dell'Interno e, come risultato, i “Principi indiani del foro” non hanno ottenuto neanche la fissazione della data del processo.

Giurisdizione e immunità sono i due punti cardine della questione. Un avvocato, anche non molto esperto in Diritto Internazionale Marittimo, avrebbe, senza alcun indugio, imboccato la via dell'arbitrato davanti ad un giudice internazionale, per sostenere, in primis, l´innocenza, poi, l'immunità funzionale dei nostri fucilieri di Marina e , in subordine, la mancanza di dolo o colpa per il reato loro contestato.

Il Governo adisce solo adesso questa via, dopo anni di tergiversazioni con un interlocutore ostico e caparbio.

E ciò comporterà ulteriori costi perchè si ha notizia che la difesa davanti al Tribunale arbitrale è stata affidata allo studio legale di Sir Daniel Behtlehem, che ha schierato tre noti avvocati sul caso in questione.

Ma non è di certo l´elevato compenso attribuito a Sir Daniel Behtlehem per una “giusta causa” quel che risulta inaccettabile, bensì l´impostazione iniziale della controversia e l´essere stati turlupinati - e a che costi! - da chi , contrariamente a quel che ci si aspettava... “faceva l´indiano”.