La fine del periodo di ora legale è arrivata quasi in sordina senza che nessuno se ne accorgesse. In bermuda e maniche corte i Romani anche ieri si sono dedicati alle attività di questa bella stagione, che per fortuna non sembra finire mai. Con cappotti e coperte ancora lontani dalla mente anche ieri la massa si dedica ancora alle gite al mare e fuori porta.

 

La moltitudine e contenta ma non mancano i predicatori dell’apocalisse, che interpretano queste godibilissime giornate come danni del cambiamento climatico. Eppure il proverbio “non esistono le belle stagioni” lo pronunciavano già le nostre nonne a dimostrazione che anche se in maniera poco frequente, l’andamento climatico può presentarsi talvolta netto tra bel tempo ed inverno.

 

L’importante però è alimentare sempre la paura perché sembra questa l’unico strumento per gestire le vite dei cittadini e allora perché non approfittare anche del tempo atmosferico? Tanto è gratis. In effetti davanti ai pericoli mortali della pandemia, i rischi di carenze energetiche dovuti alla situazione internazionale con conseguenze devastanti per la nostra economia domestica, tutto il resto viene in secondo piano e scivola verso il basso.

 

Lentamente ma inesorabilmente avanza l’assuefazione a condizioni di vita sempre peggiori, grazie al confronto con quelle drammatiche portate da guerre, pandemie e cataclismi vari che i media ci sbandierano in faccia di continuo ad ogni ora del giorno e della notte.

 

Siamo costantemente proiettati in una situazione di allerta da non avere quasi più voglia di esigere da chi ci governa il miglioramento del nostro Paese, quegli aspetti purtroppo non più alla base della nostra qualità di vita non più avvertiti come priorità.

 

A tutti quei media –poteri – social – intellighenzia varia, che esercitano pressione sui cittadini spingendoli verso una tensione di incertezza paralizzante, la guerra in Ucraina sarà sembrata una grande opportunità. Infatti cosa può esserci di meglio di una guerra per alimentare l’onda di pensieri che confluisce nell’ansia collettiva, trascinano le coscienze in voli pindarici e parabole astratte intrise di paura, come le evoluzioni spettacolari degli storni in volo su cielo autunnale di Roma.

 

A riprova di quanto questo meccanismo sia in uso, basta guardare come il conflitto tra Israele e Palestina abbia soppiantato la guerra in Ucraina in un battito d’ali. Dell’overdose informativa sulla guerra di Putin e Zelensky che apriva tutti i programmi di informazione, dall’oggi al domani non è rimasta quasi traccia, relegata com’è all’interno dei tg.

 

Tutti pronti per ripetere il copione con soggetti nuovi. Nuovi leader politici, nuovi scenari di guerra ma  stessi teatrini tv animati dagli stessi ambasciatori del pensiero unico. Ansia e preoccupazione si vestono di nuovi colori e intanto, nel confort del nostro divano, quella voce interiore che suggerisce “quanto siamo fortunati” riprende il suo vigore cancellando ogni problema che ci circonda.

 

Quello che non smette mai di stupire è il bisogno quasi fisiologico di schierarsi, anche in mancanza di elementi basilari di valutazione per situazioni di cui si sa poco o nulla, ma che ad un tratto tutti sentono di dover giudicare prendendo le parti di uno o dell’altro.

 

Spesso il pensiero unico stabilisce chi sia il buono e chi il cattivo ed è impossibile tentare qualsiasi dibattito su posizioni diverse. Se lo accetti avrai guadagnato il tuo posto tra i “buoni”, altrimenti verrai messo all’angolo e ti verrà puntato il dito contro, come fossi la più terribile delle minacce sociali.

Questo aspetto sorprende ancor di più nel caso di specie del conflitto Israeliano – Palestinese. Si affrontano due popoli, due religioni, due modi di essere che affondano le radici del proprio odio nella notte dei tempi.

Una storia infinita, che necessiterebbe di ampi studi e documentazioni soltanto per potersi avvicinare lontanamente alla minima comprensione.

 

L’uomo qualunque invece, che mai si è interessato di medio oriente, sente il bisogno di battezzare colpevoli e innocenti, naturalmente confacendosi al pensiero unico che ha già deciso chi siano le vittime e chi i carnefici.

 

Si cerca di evadere in ogni modo ed in queste bellissime giornate romane oltre ad ammirare il bellissimo museo a cielo aperto della Capitale, si può approfittare delle mostre fotografiche in allestimento in questo periodo. Fino al prossimo 28 gennaio Palazzo Esposizioni a Roma presenta Don McCullin, la prima grande retrospettiva in Italia e, a oggi, la mostra più ampia mai dedicata al fotografo britannico di fama internazionale. Il Museo dell’Ara Pacis invece propone l’esposizione dedicata a Helmut Newton uno dei fotografi più amati di tutti i tempi con oltre 200 scatti di cui 80 esposti per la prima volta in questa rassegna. Niente di meglio per aprire la mente e decomprimere il cervello.