L´8 marzo ricorre l’anniversario della nascita di mio fratello Giovanni Renato (Gianni per gli amici), la persona più importante della mia vita. Un talento nel campo musicale, sportivo e letterario, che - purtroppo - da due anni non è più tra di noi. Anni addietro, “arrisi di vision leggiadre” io e Gianni pensammo di rendere un insolito omaggio a nostra madre in occasione del di lei novantesimo compleanno e tra un ricordo e l’altro in men che si dica, a quattro mani, venne fuori l’articoletto qui di seguito riportato.  Oggi lo ripubblico in omaggio a Gianni e alla mamma, compianti e indimenticabili.

 

Alla fine del secolo XVIII nacquero i primi progenitori del cappello moderno, il cappello a staio (1796), il cilindro (1805) e il gibus (1812). Ed è proprio da questa tradizione millenaria che nasce il gusto e lo stile delle rinomate cappellerie italiane, prime tra tutte la Borsalino. Negli anni cinquanta, subito dopo la crisi della prima guerra mondiale, venne ricreata la FEDERCAPPELLI (1945) che consentì la grande ripresa dei cappellifici italiani. In quegli anni le esportazioni raggiunsero livelli straordinari ed ebbe inizio quel made in Italy, che negli anni a venire fu il marchio glorioso dello stile italiano nel mondo. Basta ricordare che nel 1970 venne realizzato dalla Paramount il film, diretto da Jaques Deray, “Borsalino”, il primo dei due film della Borsalino con Alain Delon e Jean Paul Belmondo, che vinse negli USA il premio per la miglior forma di propaganda dell’anno. Nel 1973 venne ancora prodotto il film “Borsalino & Co.” sempre con Alain Delon. Questi due film segnarono indubbiamente il rilancio del brand Borsalino tra le nuove generazioni.

E mentre tutto questo accadeva, a Locri, un piccolo paese della Calabria, l’arte della moda, quando la moda è fatta ad arte, manteneva alta la tradizione nazionale. Un’allora giovane modista, già nel 1945, epoca del grande rilancio del mercato italiano e mondiale, creava quello che di meglio si potesse immaginare con i cappelli da donna. Nascevano dal feltro e dal panno i modelli esclusivi della giovane stilista; essi venivano messi in prova sulle teste delle committenti per poter capire esattamente in base ai lineamenti e alla statura delle stesse che cosa si sarebbe potuto realizzare ed era fatta! La creazione artigianale appariva nella sua bellezza unica agli occhi estasiati delle clienti. Molte erano le commesse provenienti da tutta la regione; per spettacoli teatrali, cinema, balletti, nonché per cocktail, serate mondane, sfilate di moda e, perché no, anche per i matrimoni dell’alta società. Si era già a cavallo tra gli anni ´50 e ´60 e quello fu un periodo magico per la giovane artista, precorritrice dell’illustre schiera di stilisti, che - negli anni a seguire - fecero grande l’Italia nel mondo della moda. Ma, ahimè, il tempo passa, il mondo fantastico della moda è in continua evoluzione e la giovane modista, oramai molto avanti negli anni, vive solo di ricordi. Ma non è sola, le rimangono i suoi gioielli: i figli che le rendono questo piccolo ma sentito omaggio giornalistico, sicuri di farle cosa grata.

 

La commozione fu grande, la mamma  pianse di gioia e ci strinse al suo cuore!

 

 

Degas - Chez la modiste 1882 Museo Thyssen Bornemisza, Madri