Riservato ai non cattolici (e ad atei, attori e suicidi) defunti nel passato a Roma e dichiarati non degni d’essere sepolti in terra consacrata all’interno della Città Eterna, accoglie i resti di quasi 4mila persone di varie nazionalità, soprattutto inglesi e tedeschi – Abbondano nomi illustri non solo di stranieri ma pure di italiani “forestieri” rispetto a “canonidominanti” –Un percorso tra esistenze eccelse in spazi oggi ormai angusti, dove la memoria non soffre per trovarsi così stipata

 

 

Servizio e foto di Claudio Beccalossi

Roma – I contemporanei varcano con rispetto e curiosità la soglia del coinvolgente e ferale Cimitero acattolico per gli stranieri (come annuncia la targa all’ingresso), prima Cimitero degli inglesi o dei protestanti oppure, ancora, Cimitero del Testaccio o Cimitero degli artisti e dei poeti, nel rione, appunto, del Testaccio (toponimo derivante da una sorta di “monte”, mons Testaceus, collina artificiale dai 35 metri d’altezza, composta soprattutto da cocci, in latino testae, di anfore lì ammucchiate nel corso dei secoli, avanzi dei trasporti di merci che interessavano il porto di Ripa grande, Emporium), vicino a Porta San Paolo ed alla stazione ferroviaria Roma Ostiense, nell’omonimo quartiere, a lato della Piramide Cestia. Monumento in stile egizio e su scala ridotta, quest’ultimo, edificato nel 12 a. C. quale tomba di Caio Cestio Epulone e poi assorbito da una sezione delle Mura Aureliane che cingono il lato meridionale del cimitero.

L’area in seguito cimiteriale, nei secoli XVIII e XIX, era proprietà pubblica e nota come “i prati del popolo romano” e, dato che le rigide norme della Chiesa cattolica proibivano d’inumare in terra consacrata i non cattolici (atei, protestanti, ebrei, ortodossi e pure attori e suicidi), questi, alla loro morte, venivano sepolti nottetempo nell’ultimo lembo delle mura cittadine, se non oltre. Gli acattolici preferirono quella specifica superficie per esservi sepolti, grazie anche ad una deliberazione del Sant’Uffizio che, nel 1671, risparmiò ai “Signori non cattolici” deceduti a Roma di finire tra prostitute e delinquenti morti del cimitero del Muro Torto loro riservato (fonte: https://it.wiki-pedia.org/wiki/Cimitero_acattolico_di_Roma). A causa degli interramenti di autorevoli protestanti inglesi nel tempo, la zona ebbe voce pubblica quale “Cimitero degli inglesi”, nonostante la pietosa presenza dei resti di altre nazionalità. Secondo un link del sito su Internet del cimitero (http://www.cemeteryrome.it-/history/storia.html), invece, “il Cimitero Acattolico di Roma risale almeno al 1716, stando a documentazione che riporta il permesso concesso da Papa Clemente XI, per membri della Corte Stuart in esilio dall’Inghilterra, ad essere sepolti di fronte alla Piramide”. Papa Clemente XI, in latino Clemens PP. XI, cioè Giovanni Francesco Albani (Urbino, 23 luglio 1649 – Roma, 19 marzo 1721), 243º papa della Chiesa cattolica, dal 1700 alla sua scomparsa. 

Le autorità manifestarono interesse ufficiale al luogo solo verso la fine del XVIII secolo, con relative funzioni assegnate ad autorità laiche (Conservatori del Campidoglio) ed a ecclesiastiche (Vicario di Roma e Vicegerente). L’indolenza e la superficialità della gestione rimandò ai primi vent’anni del XIX secolo la presenza d’un custode con i compiti di tener d’occhio sia l’estensione consentita che le competenze cimiteriali che vi venivano svolte. Nei decenni successivi avvenne una lenta trasformazione degli ambiti funebri dove, all’inizio del XIX secolo, crescevano solo agrifogli e niente d’almeno naturale preservava le tombe su cui addi-rittura pascolavano le pecore. Vi vennero piantati cipressi, la parte originaria fu chiusa (perché il Papa, nel 1821, proibì altre sepolture di fronte alla Piramide), trovarono compimento allargamenti con ulteriori lotti a ridosso ed una cinta con mura (il Cimitero nuovo). Un fossato fatto scavare circondò nel 1824 il nucleo antico del cimitero (il Cimitero vecchio) e, fino almeno al 1870, ebbero divieto croci ed iscrizioni, circostanza ricorrente in sepolcreti simili. Il Cimitero nuovo ebbe due ampliamenti durante il XIX secolo ed il secondo, quello del 1894, gli diede l’odierna fisionomia, con la susseguente aggiunta d’una cappella, nel 1898.

Il Cimitero acattolico ospita le spoglie terrene di quasi 4mila deceduti, fra cipressi e pini, mirti ed allori, camelie e rose selvatiche. Ed i gatti della colonia felina, con relativa tomba del gatto Romeo, amichevole con i visitatori. L’ultimo sonno, qui, riguarda soprattutto inglesi e tedeschi, oltre ad americani, scandinavi, russi, greci ed altri, secondo multiformi ingegni (scrittori, poeti, pittori, scultori, storici, archeologi, scienziati, architetti, diplomatici), religioni (protestanti, ortodossi orientali, musulmani, zoroastriani, buddisti, confuciani), iscrizioni (in più di quindici lingue, compresi lituano, bulgaro, cecoslavo, giapponese, russo, greco ed avestico).
Nonostante la rigida funzione d’estrema dimora per non-cattolici stranieri, in via eccezionale è stata e viene permessa (spazio sempre più esiguo permettendo) la sepoltura di insigni italiani che hanno dato alta prova in vita d’essere stati intellettualmente “estranei”, “alternativi”, “forestieri” rispetto, magari, al “pensiero (od all’etica) dominante” della nazione nativa (nemo propheta in patria docet). 
L’elenco di questi illustri personaggi è ovviamente ristretto ma qualitativamente notevole: Dario Bellezza (Roma, 5 settembre 1944 – Roma, 31 marzo 1996, Roma, poeta, scrittore e drammaturgo); Guido Colucci (Napoli, 2 settembre 1877 – Roma, 28 settembre 1949, pittore, incisore e ceramista); Luce d’Eramo (pseudonimo di Lucette Mangione, Reims, Francia, 17 giugno 1925 – Roma, 6 marzo 2001, scrittrice); Arnoldo Foà (Ferrara, 24 gennaio 1916 – Roma, 11 gennaio 2014, attore, regista teatrale, doppiatore, cantante e scrittore); Maria Pia Fusco (Roma, 8 luglio 1939 – Roma, 13 dicembre 2016, sceneggiatrice e giornalista); Carlo Emilio Gadda (Milano, 14 novembre 1893 – Roma, 21 maggio 1973, scrittore e poeta); Antonio Gramsci (Antonio Sebastiano Francesco, Ales, Oristano, 22 gennaio 1891 – Roma, 27 aprile 1937, politico, filosofo, politologo, giornalista, linguista e critico letterario, tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia); Gualtiero Jacopetti (Barga, Lucca, 4 settembre 1919 – Roma, 17 agosto 2011, giornalista, regista e documentarista); Antonio Labriola (Cassino, Frosinone, 2 luglio 1843 – Roma, 12 febbraio 1904, filosofo, promotore della dottrina marxista in Italia); Emilio Lussu (Armungia, Sud Sardegna, 4 dicembre 1890 – Roma, 5 marzo 1975, scrittore, militare e politico); Maria (Miriam) Mafai (Firenze, 2 febbraio 1926 – Roma, 9 aprile 2012, giornalista, scrittrice e politica); Bruno Pontecorvo (Bruno Maksimovič Pontekorvo, Marina di Pisa, 22 agosto 1913 – Dubna, Moskovskaja oblast’/oblast’ di Mosca, 24 settembre 1993, fisico nucleare con cittadinanza britannica naturalizzato sovietico, fratello di Gilberto detto Gillo, Pisa, 19 novembre 1919 – Roma, 12 ottobre 2006, regista, sceneggiatore ed attore); Amelia Rosselli (Parigi, 28 marzo 1930 – Roma, 11 febbraio 1996, poetessa, organista ed etnomusicologa, figlia dell’esule antifascista Carlo Alberto Rosselli, Roma, 16 novembre 1899 – Bagnoles-de-l’Orne, Francia, 9 giugno 1937, giornalista, filosofo e storico); Renato Salvatori (all’anagrafe Giuseppe, Seravezza, Lucca, 20 marzo 1933 – Roma, 27 marzo 1988, attore); Emilio Servadio (Sestri Ponente, Genova, 14 agosto 1904 – Roma, 18 gennaio 1995, psicanalista, parapsicologo, esoterista e giornalista); ManfredoTafuri (Roma, 4 novembre 1935 – Venezia, 23 febbraio 1994, storico dell’architettura); Paolo Ungari (Milano, 25 maggio 1933 – Roma, 6 settembre 1999, politico, intellettuale e maestro venerabile massone). 
Non riuscirono a far seppellire le proprie ceneri “in ottanta centimetri di terra” del Cimitero acattolico come avrebbero voluto, invece, i due ex coniugi Rosario Bentivegna (Roma, 22 giugno 1922 – Roma, 2 aprile 2012) e Carla Capponi (Roma, 7 dicembre 1918 – Zagarolo, Roma, 24 novembre 2000), corresponsabili con altri appartenenti ai Gruppi d’Azione Patriottica (GAP), formazioni partigiane del Partito Comunista Italiano, dell’attentato con la detonazione d’un ordigno esplosivo in via Rasella, il 23 marzo 1944, ordinato da Giorgio Amendola (Roma, 21 novembre 1907 – Roma, 5 giugno 1980) contro un reparto delle forze d’occupazione na-ziste, l’11ª Compagnia del III Battaglione del Polizeiregiment “Bozen” dell’Ordnungspolizei, Polizia d’ordine, composto da reclute altoatesine. Subito ed in seguito morirono 33 soldati (tutti con il basso grado di Unterwachtmeister) e, per gli effetti della stessa esplosione, persero la vita due passanti (Piero Zuccheretti, 12 anni ed Antonio Chiaretti, 48). Altre quattro persone furono uccise dalla reazione scomposta dei sopravvissuti del “Bozen” (Annetta Baglioni, 66 anni, Pasquale Di Marco, 34, Enrico Pascucci ed Erminio Rossetto, 20).
La conseguente rappresaglia nazista portò all’eccidio delle Fosse Ardeatine, con 335 in lista (tra detenuti per reati comuni, ebrei, militari e prigionieri politici) soppressi il 24 marzo, appena un giorno dopo la strage di via Rasella. L’amministrazione del Cimitero acattolico, nonostante le richieste del Comune di Roma, della Regione Lazio e della figlia di Bentivegna e Capponi, Elena (deceduta il 4 gennaio 2015, a 69 anni d’età), rifiutò la concessione dell’inumazione delle ceneri dei due ex gappisti. La figlia, allora, appagò il desiderio “alternativo” dei suoi genitori, disperdendo le ceneri nelle acque del fiume Tevere il 5 giugno 2014, in concomitanza con l’anniversario della Liberazione di Roma dai nazifascisti da parte degli Alleati, con l’entrata delle truppe ame-ricane della 5^ Armata del generale Mark Wayne Clark tra il 4 ed il 5 giugno 1944. 
I sepolcri con epigrafi, ordinati alla meglio tra gli angusti passaggi del Cimitero acattolico ormai stipato, citano eminenti personaggi stranieri, in un percorso a casaccio sul filo della memoria cosmopolita, tra cui: Robert Michael Ballantyne (Edinburgh/Edimburgo, United Kingdom/Regno Unito, 24 aprile 1825 – Roma, 8 febbraio 1894, scrittore); Karl Pavlovič Brjullov (Sankt Peterburg/San Pietroburgo, Rossija/Russia, 12 dicembre 1799 – Manziana, Roma, 11 giugno 1852, pittore); Gregory Nunzio Corso (New York, Usa, 26 marzo 1930 – Minneapolis, Usa, 17 gennaio 2001, poeta della Beat Generation); Richard Henry Dana Jr. (Cambridge, Usa, 1º agosto 1815 – Roma, 6 gennaio 1882, scrittore e navigatore); Carl Philipp Fohr (Heidelberg, Deu-tschland/Germania, 26 novembre 1795 – Roma, 29 giugno 1818, pittore); Julius August Walther von Goethe (Weimar, Deutschland/Germania, 25 dicembre 1789 – Roma, 27 ottobre 1830, figlio di Johann Wolfgang von Goethe – Frankfurt am Main/Francoforte sul Meno, Deutschland/Germania, 28 agosto 1749 – Weimar, Deutschland/Germania, 22 marzo 1832 – scrittore, poeta e drammaturgo); Richard Saltonstall Greenough (Boston, Usa, 19 aprile 1819 – Roma, 23 aprile 1904, scultore); Johannes Carsten Hauch (Halden, Fredrikshald dal 1665 al 1928, Kongeriket Norge/Kongeriket Noreg/Norvegia, 12 maggio 1790 – Roma, 4 marzo 1872, poeta); Wil-liam Stanley Haseltine (Philadelphia, Usa, 11 giugno 1835 – Roma, 3 febbraio 1900, pittore e disegnatore); John Keats (London/Londra, United Kingdom/Regno Unito, 31 ottobre 1795 – Roma, 23 febbraio 1821, poeta); Lindsay Kemp (Lewis e Harris, United Kingdom/Regno Unito, 3 maggio 1938 – Livorno, 24 agosto 2018, coreografo, attore, ballerino, mimo e regista); Belinda Lee (Budleigh Salterton, United Kingdom/Regno Unito, 15 giugno 1935 – San Bernardino, Usa, 12 marzo 1961, attrice); Hans von Marées (nome completo Johann Reinhard von Marées, Elberfeld, Deutschland/Germania, 24 dicembre 1837 – Roma, 5 giugno 1887, pittore); Malwida von Meysenbug (Kassel, Deutschland/Germania, 26 ottobre 1816 – Roma, 23 aprile 1903, scrittrice); Ed-mund Anthony Cutlar Purdom (Welwyn Garden City, United Kingdom/Regno Unito, 19 dicembre 1924 – Roma, 1º gennaio 2009, attore); Franklin Bachelder Simmons (Webster, Usa, 11 gennaio 1839 – Roma, 8 dicembre 1913, scultore); Percy Bysshe Shelley (Field Place, United Kingdom/Regno Unito, 4 agosto 1792 – mare di Viareggio, 8 luglio 1822, poeta); John Addington Symonds (Bristol, United Kingdom/Regno Unito, 5 ottobre 1840 – Roma, 19 aprile 1893, critico letterario, poeta e tra i primi militanti del movimento di liberazione omo-sessuale); Elihu Vedder (New York, Usa, 26 febbraio 1836 – Roma, 29 gennaio 1923, pittore, poeta ed illustratore di libri); Constance Fenimore Woolson (Claremont, Usa, 5 marzo 1840 – Venezia, 24 gennaio 1894, romanziera e poetessa).
Sono sensazioni diverse, di struggente rimpianto o d’illusoria consolazione, quelle che permeano il Cimitero acattolico, cicatrice di vita e morte, particolare e riservato, esclusivo, nobile, erudito, elegante. Percezioni che ristagnano come cappa, come protezione, come metamorfosi di esistenze eccelse, nel tormento e nell’estasi del loro essere stati e del loro esserci comunque ancora per quanto lasciato, credenti o meno a particelle e masse d’eterno… • 

Claudio Beccalossi

Personali momenti di sosta e di riflessione sulla tomba con le ceneri di Antonio Gramsci. Un rispettoso omaggio come quello che decenni prima fece anche Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922 – Roma, 2 novembre 1975, poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, drammaturgo e giornalista), autore della raccolta di poesie “Le ceneri di Gramsci” (“Garzanti”, 1957) che riunisce undici liriche già pubblicate tra il 1951 ed il 1956. “Le ceneri di Gramsci” fu scritta da Pasolini nel 1954 ed inserita nel n. 17-18 di “Nuovi Argomenti” di novembre-febbraio 1955-1956. Gramsci e Pasolini. E Pasolini ed il sottoscritto. I brevi momenti che m’incontrai con lui sono stati “fermati” nel mio articolo “Un attimo, l’autografo in fretta. Il suo autografo: di Pier Paolo Pasolini” (ne “L’Altra Cronaca” n. 17 di gennaio 2015, poi pubblicato pure in altre testate su Internet). Emozioni incise nella memoria, sensazioni insepolte che sconfiggono il tempo... (c. b.)

Pier Paolo Pasolini in meditazione davanti alle ceneri di Gramsci. Va sottolineata la differenza di cura della tomba,

rispetto a quella documentata il 25 ottobre 2018, come testimonia questa foto datata.

 

Note sull'autografo di Pier Paolo Pasolini, conservato in archivio Beccalossi.

Il tumulo di Vittorio Giovanni Giulio Marconi (21 maggio 1910 – 10 maggio 1971, figlio di Guglielmo Giovanni Maria MarconiBologna, 25 aprile 1874Roma, 20 luglio 1937, fisico, inventore, imprenditore e politico), della madre Beatrice Marignoli di Montecorona (nata O’ Brien, 23 dicembre 1882 – 10 ottobre 1976), della sorella Degna Marconi Paresce (11 settembre 1908 – 16 settembre 1997) e del cognato Gabriele Paresce (1900 – 1982, ambasciatore. Guglielmo e Beatrice (di nobile famiglia irlandese) si sposarono il 16 marzo 1905 e divorziarono nel 1924.

La pietra apposta per Dario Bellezza (poeta, scrittore e drammaturgo) che qui riposa con i suoi genitori (Attilio, 7 gennaio 1914 – 4 novembre 1995 ed Ada Marzo, 17 luglio 1921 – 14 novembre 1998). “Addio cuori addio amori foste i benvenuti gli adorati ascoltati meno”.

Vestigia di Percy Bysshe Shelley, poeta. “Nothing of him that doth fade. But doth suffer a sea-change. Into something rich and strange” (“Niente di lui si dissolve. Ma subisce una metamorfosi marina. In qualcosa di ricco e strano”).

Il manufatto per Gregory Nunzio Corso, poeta della Beat Generation. “Spirt is Life It flows thru the death of me endlessly like a river unafraid of becoming the sea” (“Spirito è Vita Scorre attraverso la mia morte all’infinito come un fiume che ha paura di diventare il mare”).

Reminiscenza ed urna con le ceneri di Antonio Sebastiano Francesco Gramsci (politico, filosofo, politologo, giornalista, linguista e critico letterario).

Rimpianto per Belinda Lee, attrice morta in un incidente stradale. Era insieme a Gualtiero Jacopetti, poi sepolto vicino alle sue ceneri.