È notizia recente, riportata da “Repubblica” che la Tesla, fabbrica californiana di auto elettriche, è finita sotto inchiesta per un altro incidente mortale di cui si è resa responsabile, anche se le perizie sui componenti elettronici sono ancora in corso. Intanto, in borsa il titolo è crollato con una perdita di 4 miliardi.

Questo è lo spunto da cui nascono alcune nostre considerazioni.

Sembra, da quanto è dato leggere, che l’attenzione sia riposta più sull’andamento del titolo in borsa e sulle relative valutazioni delle agenzie di rating, che sulla vita persa dal guidatore.

D’altra parte, gli interessi economici, si incentrano sulla tecnologia, apprezzata più per la novità e lo spirito di ostentazione di qualcosa di inedito, che per la sua efficacia.

La moda, supportata da questi elementi, vuole l’uomo sempre più impotente, imbecille e incapace, mentre si pone alla “non guida” dell’auto, affidando la propria vita ad essa e ai suoi calcolatori. Basta immaginare i guidatori di domani, che non conosceranno regole di circolazione, significato di semafori o di mano da tenere sulle strade. Essi saliranno sull’auto e programmeranno il percorso sul navigatore, dopo di che sfoglieranno il giornale, anzi, con i tempi che corrono, apriranno i tablet o i telefonini che sono meno ingombranti e passeranno il tempo fino a quando raggiungeranno la loro destinazione.

Viene di chiedersi, allora a cosa serve l’auto se non ci si pone alla guida e ci si diverte a guidarla?

Vada per il cambio automatico, comodo in città, ma vorrete paragonarlo al cambio della vecchia e amata 500 che necessitava della cosiddetta “doppietta” per fare entrare in scalata le marce senza “grattare”? Benedetto il rombo cupo di un otto cilindri o quello più urlante del 12 cilindri e, per i meno abbienti quello di un tre cilindri rafforzato con il turbo che fa scatenare una cavalleria da fare invidia al Settimo Cavallegeri, Il fiore all'occhiello dell'America in divisa, dall'era eroica del generale Custer.

Allora sarebbe più saggio usare i mezzi pubblici, che non ci condurranno sin davanti la porta di casa, ma non ci faranno rembicillire con la robotica con il rischio di perdere la vita, senza saper raccontare il perché a qualche amico che si incontrerà nell’aldilà.

Una raccomandazione: non aspettiamo il peggio per riconoscere i nostri errori, come Lucio - l’Asino d’oro di Apuleio, vittima della sua stessa curiosità.

G & G ARNÒ