Il PCC (Comitati Centrale del Partito Comunista Cinese) ha stabilito, secondo quanto riporta l´Agenzia Nuova Cina, che non vale più il limite di due quinquenni per il mandato presidenziale. Con ciò viene cancellata un´importante garanzia costituzionale: l´alternanza alla massima carica della Repubblica.

Xi Jinping potrebbe rimanere alla presidenza della Cina anche dopo il secondo quinquennio, che dovrebbe partire a marzo prossimo, se eletto da parte dell'Assemblea Nazionale del Popolo. La riforma, per il poco che si sa, potrebbe interessare anche la carica del vice-presidente.

Certo è che Xi Jinping, già al potere dal 2012, non avendo ancora nominato un successore, dà per scontato che non voglia mollare la presidenza entro i termini previsti dall´attuale Costituzione, cioè nel 2023. Non si sa bene quali saranno i limiti per le altre due alte cariche ricoperte da Xi (la guida del partito e dell’esercito), ma generalmente esse seguono le regole del doppio mandato.

Il limite dei 10 anni era stato ideato da Deng Xiaoping, il cui scopo era quello di dare maggior rilievo al Partito e non al leader. In altri termini, si voleva mettere la parola fine al culto della personalità, che aveva imperversato dal 1949 al 1976 con Mao Tsé-Tung (il Comandante della Lunga Marcia e il Grande Timoniere del popolo cinese).

La riforma costituzionale dovrà essere ancora approvata dal Parlamento, ma non vi sono seri motivi per ritenere che ciò non avvenga, pur non mancando gli oppositori, che invitano i parlamentari a votare contro la stessa; una riforma che, secondo loro, non solo arresta la civilizzazione politica cinese, ma che la fa ritornare indietro, ai tempi di Mao.

Xi, dal canto suo, si sente forte anche dal fatto che il suo nome sia stato incluso, nell´ottobre scorso, in occasione del XIX Congresso del PCC, tra i leader della rivoluzione, accanto a Mao e Deng, ma questo sentirsi forte potrebbe indurlo a commettere imprudenze di peso, dal momento che non sarebbe più soggetto a termini e condizionamenti. In sostanza, potrebbe sentirsi il nuovo imperatore della Cina, con tutto ciò che tale sensazione comporta.

V´è di più, Xi si presenta come una figura piuttosto enigmatica e contraddittoria, allorchè difende l’ossimoro del “socialismo di mercato” e la globalizzazione dell´economia (vedasi intervento al Forum di Davos in cui, appunto, Xi difende l´integrazioni dei mercati in contrapposizione all´isolazionista Trump) e non solo. Infatti, a parte la considerazione che il socialismo abolisce il mercato e Il mercato non può essere socialista, e da ciò il termine ossimoro, in quanto unisce contrapponendoli due pensieri o due significati che sono di per sé inconciliabili, essendo l’uno il contrario dell’altro, gli atteggiamenti di cui sopra non si conciliano per nulla col culto della personalità, apertamente perseguito dal presidente Xi.

Per altri versi, Xi Jimping è stato definito dal professore di Harvard, Graham Allison, il Roosevelt cinese, in quanto leader capace di condurre la propria nazione alla presa di coscienza della caratura globale delle proprie potenzialità e di porre in essere politiche capaci di realizzarle e, mantenendosi in sintonia, anche la propaganda cinese ha ulteriormente magnificato la figura del proprio presidente indicandolo come “lingxiu” (termine, che esprime la massima definizione di leader del popolo cinese). Ordunque, la Cina del controverso Xi fa un passo indietro riesumando il culto della personalità o sta imboccando, sotto la sua azione di governo, la Nuova Era, un forte impulso globale, che la porterà ad essere la prima potenza mondiale?

Noi propendiamo, contraddizioni a parte, per questa seconda possibilità.

G & G Arnò